Sentenza ieri in Francia, straziante ma gravissima insieme
immaginati se non comprendiamo la solitudine della mamma ma....
se la mamma è stata assolta, allora bisognava condannare chi non la sosteneva (i servizi, il comune, lo stato...)
la sentenza di assoluzione è veramente pericolosa, introduce il principio : ti assolvo in quanto la persona disabile era talmente grave che... insomma...!!!!
passa il principio che si possono uccidere le persone più gravi, è un'atto d'amore...che lava le coscienze della collettività, del diritto alla presa in carico e del farsi cura di chiunque sia in difficoltà.
Leggi sotto l'articolo e il dibattito che ne è nato subito dopo
Francia. La donna: «Non rimpiango il mio gesto, ma lei mi manca» Uccise la figlia malata: assolta
La giuria popolare legge il verdetto e poi applaude PARIGI Quando la corte d'assise di Val d'Oise ha pronunciato il verdetto di assoluzione sono scattati gli applausi. Nessuno - né la giuria popolare, né il pubblico presente alla lettura della sentenza in quell'aula di giustizia a nord di Parigi - voleva la condanna di Lydie Debaine, 66 anni, che nel 2005 aveva ucciso la figlia Anne Marie, 26 anni, gravemente handicappata.
Lydie aveva fatto ingerire alla figlia diversi barbiturici - probabilmente per stordirla - prima di annegarla nella vasca da bagno. Era il 14 maggio del 2005.
È stato un gesto che ha concluso una storia d'amore vero e di sofferenze atroci di tutte e due, madre e figlia, durata 26 anni, l'età di Anne Marie. Era nata prematura, con un grave handicap cerebrale. Da anni soffriva di crisi d'epilessia, di terribili mal di testa e di vomito. Anne Marie era invalida al 90% ed aveva l' età mentale di una bimba di 5 anni.
Lydie aveva cercato di curarla. L'aveva portata in centri medici specializzati fin da quando aveva 6 anni e fino ai 22. Poi l'aveva dovuta riportare a casa, perché non c'era più posto in quelle strutture. La sua malattia era incurabile.
«Soffriva troppo, passava giorni e giorni senza dormire», ha testimoniato la madre in aula, riconoscendo completamente i fatti dei quali era accusata, cioè di aver ucciso la figlia. Il pm aveva chiesto una condanna a tre anni di prigione con la condizionale.
È un momento, questo, in cui in Francia si discute con passione la questione dell'eutanasia, dopo la morte di Chantal Sebire, la donna di 52 anni, colpita da una malattia incurabile, che aveva chiesto invano di essere aiutata a morire. È stata ritrovata morta, nella sua casa, il 19 marzo scorso.
Ma da anni, in casi come quello di Lydie, la giustizia si mostra clemente nei confronti dei padri e delle madri che uccidono i propri figli handicappati. I pubblici ministeri chiedono sempre condanne con la condizionale, le giurie li seguono. Ma le assoluzioni piene sono rare.
Il pm aveva giustificato la condanna così: «La peggiore delle punizioni Lydie la vive già con la perdita della persona alla quale ha dedicato il suo amore e la sua vita». La giuria popolare l'ha invece assolta con applausi scroscianti. Lei, Lydie, ha così commentato: «Non rimpiango il mio gesto, ma mia figlia mi manca».
11/04/2008 L'unione Sarda
ecco il dibattito che ne è nato su alcuni forum
11/04/2008[mailto:] Per conto di Luciana Gennari
Inviato: domenica 11 maggio 2008 10.08
Oggetto: Re: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa
Sono pienamente d'accordo.
Luciana Gennari
Sent: Friday, April 11, 2008 1:57 PM
Subject: Re: [progetto_calamaio] sentenza molto pericolosa
marco, sono d'accordo con te.
premesso che è veramente difficile dire qualcosa in casi come questo, perché bisogna passarci per capire e perché credo che nessuno se la possa veramente sentire di giudicare una madre ed il suo gesto, mi sembra che almeno si dovesse inlfiggere una pena alla madre, magari una pena non intesa come detenzione in carcere ma come lavoro sociale, in una cooperativa o associazione, anche per permetterle un reinserimento nella vita di tutti i giorni. forse pena è un termine sbagliato: chiamiamolo aiuto che non può rifiutare, ma aiuto, quello che probailmente non ha ricevuto prima e quello che questa sentenza rischia di non riconoscerle nemmeno dopo, per cui la società si lava le mani due volte.
sono assolutamente d'accordo con quanto dici sulla responsabilità della comunità. questa è una cosa veramente rivoluzionaria. casi così gravi accadono perché le persone sono sole e la comunità ha una colpa. la responsabilità della qualità della vita delle persone è in parte dei singoli ma in parte di tutti: la somma della indifferenza di ognuno, crea drammi come questo. infliggerei una multa al comune o alla provincia e con quei soldi obbligherei gli enti locali ad implementare i servizi sociali, l'assistenza, creerei una casa famiglia...
marco, visto che adesso ci sei dentro, perché non proponi una legge tu?
grazie per avermi informato
rob
Sent: Friday, April 11, 2008 2:35 PM
Subject: Re:da marina cometto [progetto_calamaio] sentenza molto pericolosa
concordo con te Marco che bisognerebe condannare chi non ha saputo sostenere adeguatamente la famiglia nella complessa assistenza di cui necessitava Anne Marie, e come associazione tocchiamo con mano ogni giorno anche quì in Italia l'assoluta inefficienza dei Servizi Sociali quando si tratta di organizzare progetti personalizzati atti a aiutare la famiglia nelle difficile gestione di una esistenza in compagna della disabilità, ciò non toglie però che pur comprendendo la solitudine e le difficoltà della signora, (anche noi sappiamo da 35 anni cosa voglia dire rivoluzionare la quotidianità con un figlio disabile non autosufficiente) riteniamo che quando si infrange una legge è giusto che si venga puniti, qualsiasi sia stata la motivazione che ci ha portato all'atto estremo, non è possibile giustificare , perchè così si alimenta il già co,une pensiero che il diritto di vivere valga a seconda della capacità di determinarsi o delle complessità delle condizioni fisiche e mentali, mia figlia come tutti quelli che vivono la vita come lei ha il diritto di essere considerata essere umano come tutti i cittadini e la sua vita è preziosa come quella di tutti , per cui la Giustizia secondo me ha preso una grande cantonata che spero che non si ripeta più , anche se ho molti dubbi , la cultura della morte sta prevalendo sul diritto alla vita , e questo in una Società che si dice civile è molto discutibile.
From: Ugo Avalle
Sent: Sunday, April 13, 2008 3:29 PM
Subject: [SPAM]R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa
Permettetemi,ma occorre " esserci dentro" per capire veramente! Nessuno deve semplificare: uccidere le persone più gravi è un atto d'amore. Che cosa avrebbe pensato in proposito Welbi? Lo so che se ami veramente,non devi uccidere: ma,l'amore non consiste anche nel non voler far più soffrire la persona che ami?
Ugo
Per conto di Luciana Gennari
Inviato: domenica 11 maggio 2008 16.30
Oggetto: Re: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa
Caro Ugo,
io ci sono molto dentro per capire cosa significhi un atto d'amore per un genitore. Ho un figliolo cieco pluriminorato, e al "nostro dopo di noi" ho pensato a lungo e ho trovato la mia soluzione. Però lasciami dire, che questa sentenza è pericolosa perchè potrebbe essere un'arma a doppio taglio.Non si deve avallare in alcun modo questo gesto, per pericolo di emulazione, perchè ci sono anche alcuni genitori che questa situazione gli stà stretta per vari motivi, e che potranno essere spinti a fare questo gesto non per amore.
Luciana
From: Ugo Avalle
Sent: Sunday, April 13, 2008 7:25 PM
Subject: [SPAM]R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa
Gentile Luciana,concordo pienamente sul fatto che non si debba nosconderci dietro la difficoltà per ( mi scuso per l’espressione) toglierci un peso! Ricorda anche il caso di quel padre che ha ucciso il proprio figlio perché aveva esaurito tutte le scorte di dedizione,pazienza ed anche di amore! Condivido pienamente anche la considerazione relativa alla totale assenza o alla scarsa presenza dei servizi; io ho avuto a che fare sia con mio padre e mia madre molto ammalati ed altrettanto problematici ; ho dato fondo ai loro pochi risparmi ed anche “ sopportato in casa tre badanti. Quando mi sono rivolto ai servizi mi sono sentito rispondere che i fondi per un piccolo contributo economico non esistevano e poi …<< è il figlio che deve provvedere ai propri genitori>> Risposta molto …acuta!
Sent: Sunday, April 13, 2008 9:12 PM
Subject: Re: R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa
allora per essere chiari.
non entro nelle scelte di welby, che per me rimane comunque una sconfitta collettiva, non una vittoria di nessuno. ma è solo il mio parere.
qui stiamo parlando di una persona disabile grave che è stata soppressa, uccisa, non manifestando nessuna sua volontà di morire. parliamo di una mamma che si è fatta in quattro tutta la vita e che poi non ce l'ha fatta più.
il problema non è la mamma, poverina per me non ha colpe, se lasciata sola e abbandonata. nessun giudizio morale su di lei.
e che andava almeno "giuridicamente" condannata (ha sicuramente vissuto da eroe per 26 anni come molte mamme in italia (e molte leggono qui) che continuano ad essere eroi tutti i giorni. la galera spetta a chi non ha dato assistenza.
Colpiscono gli applausi, ovvero la "comprensione", rimozione della societa che, nel caso di una disabile grave con crisi epilettiche ma sembra con una certa sua autonomia (niente a che vedere con mia figlia, molto più grave come migliaia di persone in italia e sicuramente in francia) è motivato che non ce la si può fare e quindi si può uccidere, ovvero smettere di soffrire... atto di amore! ma de che???
smette di soffrire la collettività, ce ne si lava le mani sul perchè. si dice era una persona troppo difficile...! si considera un fatto per la sua natura pubblico, come un fatto privato che interessa la mamma e la figlia uccisa. noi giudichiamo, ma dal di fuori. non ci tocca.
allora diciamo che, come succede in olanda con quel medico che eutanizza (uohah, scusate mi è partito un conato) i bambini con la spina bifida dicendo "ma voi lo sapete che cosa vuol dire avere un figlio con la spina bifida?" (al quale hanno risposto tanti genitori di bambini con la spina bifida dicendogli, in sintesi, ma vaffa...) se uno è un disabile grave e "soffre" troppo secondo noi, come atto di amore, lo facciamo fuori.
magari iniziamo noi genitori e poi passiamo allo Stato, alla collettività, che può iniziare a regolamentare questa prassi amorosa...
faccio un esempio: io ho un'amico veramente molto depresso che veramente ma veramente soffre molto e fa soffrire i suoi, e che esprime spesso il desiderio di morire.
per amore lo smettiamo di farlo soffrire?
ovviamente credo che nessuno sulla terra può pensare che io sia una persona equilibrata, con un minimo di buon senso se porto avanti questa tesi.
ma se si tratta di una persona gravemente disabile, che non si può rappresentare da sola e che mai ha manifestato desiderio di morire, in questo caso la stampa spesso dice..." atto di amore..." e adesso iniziano i tribunali europei, a quanto pare...
mi vengono i brividi.
Marco Espa
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Infine aggiungo la testimonianza di Ada, che potete vedere in Video cliccando qui
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