31 luglio 2009

Papa Francesco: “La laicità dello Stato favorisce la convivenza tra religioni”

Francesco a Rio, troppu togu.....: “La laicità dello Stato favorisce la convivenza tra religioni”
"Favorevole alla pacifica convivenza tra religioni diverse è la laicità dello Stato, che, senza assumere come propria nessuna posizione confessionale, rispetta e valorizza la presenza della dimensione religiosa nella società, favorendone le sue espressioni concrete”.
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16 luglio 2009

Consiglio regionale , mozione scuola: ESPA (PD): altro che clima unitario, non hanno il coraggio di dissentire dal governo Berlusconi...


Dichiarazioni di Marco Espa, PD
La bocciatura oggi in aula (35 contro, 19 a favore, 2 astenuti) della mozione sulla scuola in Sardegna "sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità" ha fatto capire qual'è lo stato politico di questa maggioranza.
Il giorno prima si invoca l'unità a nome della Sardegna, senza distinzioni, e , quando c'è da difendere i propri lavoratori, i docenti, i precari, le famiglie e gli studenti con disabilità, quando c'è da dire a Roma che la Sardegna non è la Pianura Padana e che noi non possiamo accorpare le classi nei nostri paesi di montagna o nei quartieri più emarginati delle nostre città più popolose, quando la Sardegna deve dire che vogliamo garantire diritti agli studenti sardi con disabilità criticando il comportamento del Ministro Gelmini, parte l'ordine di scuderia di votare contro.
Non si vota contro il ministro di un governo amico, anche se 1000 persone rischiano il posto di lavoro.

Registriamo comunque che non tutti nella maggioranza la pensano cosi, a cominciare dal capogruppo dell'UDC che ha votato insieme a noi la mozione e dai consiglieri del centrodestra che si sono astenuti.


leggi la mozione cliccando qui


il video dell'intervento di Marco in Consiglio (prima parte)


il video dell'intervento di Marco in Consiglio Regionale (seconda parte)




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dichiarazioni in aula di marco Espa
dal comunicato del''Ufficio stampa del consiglio regionale

Con questa mozione – ha detto Espa - chiediamo di aprire una vertenza con lo Stato e lo vogliamo fare in maniera unitaria. Noi chiediamo alla maggioranza di colpire le responsabilità, in questa materia, che ci sono a livello nazionale.

Marco Espa ha illustrato gli effetti dei tagli che in Sardegna saranno nefasti. 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA già dall’inizio del prossimo anno scolastico e ulteriori conseguenze per oltre 500 docenti in sovrannumero che saranno costretti a cambiare sede con conseguente aumento dei costi e peggioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita.

Il ministro Gelmini – ha affermato ancora Espa - ha detto che la spesa per gli stipendi è il 97% del totale. E’ una cosa non vera. La spesa italiana per gli stipendi nella scuola è del 78% in perfetta media rispetto agli altri paesi europei.

Per Espa è necessario investire sulla conoscenza e sulla istruzione e la scuola non deve essere tagliata ma rafforzata.

“Noi rischiamo – ha sottolineato l’esponente del Pd - la chiusura di 300 istituti scolastici e il taglio di 33 autonomie scolastiche con la desertificazione ulteriore di intere zone della Sardegna.

Situazione difficilissima anche per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno tra i quali si rischia di perdere 500 posti di lavoro.
Espa è convinto che è necessario portare la vertenza scuola a Roma per opporsi con ogni mezzo alla riduzione dei posti di lavoro e rivendicare il diritto all’istruzione.
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Come è andato il dibattiro
nota stampa del Consiglio regionale

all’esame del Consiglio le mozioni 14, 9 e 15 sui tagli alla scuola scuola in Sardegna.


Cagliari, 16 luglio 2009 - La seduta pomeridiana si è aperta sotto la presidenza dell’on. Claudia Lombardo. In apertura di seduta è stata sospesa la mozione n. 13 sulla crisi economica e sociale presentata dai consiglieri dell’opposizione e sono state illustrate dall’on. Marco Espa ( Pd) le mozioni n. 14, 9 e 15 sulla drammatica situazione dei tagli del Governo per la scuola pubblica in Sardegna e sulle possibili conseguenze discriminatorie nei confronti degli studenti sardi con disabilità.

Con questa mozione – ha detto Espa - chiediamo di aprire una vertenza con lo Stato e lo vogliamo fare in maniera unitaria. Noi chiediamo alla maggioranza di colpire le responsabilità, in questa materia, che ci sono a livello nazionale.

Marco Espa ha illustrato gli effetti dei tagli che in Sardegna saranno nefasti. 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA già dall’inizio del prossimo anno scolastico e ulteriori conseguenze per oltre 500 docenti in sovrannumero che saranno costretti a cambiare sede con conseguente aumento dei costi e peggioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita.

Il ministro Gelmini – ha affermato ancora Espa - ha detto che la spesa per gli stipendi è il 97% del totale. E’ una cosa non vera. La spesa italiana per gli stipendi nella scuola è del 78% in perfetta media rispetto agli altri paesi europei.

Per Espa è necessario investire sulla conoscenza e sulla istruzione e la scuola non deve essere tagliata ma rafforzata.

“Noi rischiamo – ha sottolineato l’esponente del Pd - la chiusura di 300 istituti scolastici e il taglio di 33 autonomie scolastiche con la desertificazione ulteriore di intere zone della Sardegna.

Situazione difficilissima anche per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno tra i quali si rischia di perdere 500 posti di lavoro.

Espa è convinto che è necessario portare la vertenza scuola a Roma per opporsi con ogni mezzo alla riduzione dei posti di lavoro e rivendicare il diritto all’istruzione.

Il primo a intervenire nel dibattito è stato l’on. Carlo Sechi (gruppo comunisti-la sinistra sarda- rosso mori). “Chiediamo – ha detto – un accordo Stato – Regione per raggiungere l’autonomia scolastica. Oggi noi dobbiamo rivendicare piena autonomia per la nostra scuola. Solo attraverso l’autonomia della scuola riusciremo a far fronte a una serie di emergenze. L’istituzione scuola va privilegiata anche rispetto ad altre scelte. Non si possono tollerare tagli e accorpamenti che rendono le classi ingovernabili. Bisogna fare una seria riflessione e rigettare i contenuti “intimidatori” contro i dirigenti scolastici.

Per L’on. Ben Hamara Radhouan (gruppo comunisti-la sinistra sarda- rosso mori) i tagli sono ingiustificati soprattutto per le gravi ripercussioni che questi comportano sulla società sarda. Per Ben Hamara si ritorna indietro nel tempo. Siamo disposti – ha chiesto - a rinunciare a una società colta? Non possiamo dimenticare che a scuola si va anche per imparare a vivere. I tagli alla scuola pubblica fanno abbassare il livello culturale della società.

L’on. Tarcisio Agus (PD) ha ricordato i 2200 posti a rischio e gli oltre 30 milioni di euro di mancato trasferimento nell’economia regionale. Per Agus La soppressione indiscriminata nella scuola vuol dire assenza dello Stato. Una comunità senza la scuola – ha detto - perde la sua identità. La grande contraddizione sta nel fatto che si dice che bisogna investire sulla scuola e poi si fa il contrario. La scuola deve essere salvaguardata in tutti i centri della Sardegna. Uno stato solidale in termini di istruzione non può ragionare solo con i bilanci.

Per l’on. Antonio Solinas (PD) oggi la situazione si è notevolmente aggravata perché la chiusura delle scuole sta avendo effetti devastanti sul territorio. Gli accorpamenti scolastici non possono essere decisi sulla base di un semplice calcolo numerico.

Il venir meno dell’istruzione – ha affermato Solinas - può essere il colpo mortale per le zone interne. Davanti a questa situazione è indispensabile aprire una forte e convinta vertenza con lo Stato centrale per poter avere una scuola seria e per dare una istruzione a tutti senza distinzione.

Per l’on. Paolo Maninchedda (Gruppo Partito sardo d’azione) i tagli alla scuola ci sono dall’inizio degli anni 90 e sono stati decisi da governi di ogni colore.

Per Maninchedda se si vuole fare un discorso sulla scuola si deve fare un discorso sui poteri e non sul metodo. L’esponente del Psd’az ha ricordato gli enormi stanziamenti , in gran parte persi, decisi dalla Regione nella scorsa legislatura per il museo Betile. Ci sono una valanga di risorse – ha detto - che si decide di non mettere sull’istruzione ma su altre cose. La corte costituzionale con la sent n. 13 del 2004 ha detto con chiarezza che spetta alla regione la distribuzione del personale docente. Ma è assolutamente indispensabile dotarsi di una legge. Per questo abbiamo presentato un emendamento al collegato che si spera, sia votato da tutti maggioranza e opposizione.

Per Pietro Cocco (PD) la legge Gelmini non può essere difesa. La giunta deve impegnarsi a salvare il sistema scolastico isolano. Non è una battaglia di poco conto. L’esponente del Pd ha auspicato un impegno serio e concreto da parte della giunta.

L’on. Daniele Cocco (Italia dei Valori) ha portato all’attenzione dell’assemblea il caso della facoltà di veterinaria di Sassari definendolo “l’ennesimo scippo”. (R.R.)
I lavori del Consiglio



Seduta 26 (2 segue)





Mozione 14, (Espa e più) sulla scuola: “Necessario contrastare i tagli della riforma del Governo”





Cagliari, 16 luglio 2009 - Tutti concordi i consiglieri dell’opposizione sulla necessità di impedire i tagli alla scuola, in considerazione che la situazione della Sardegna è del tgutto peculiare rispetto alle altre regioni. Mentre i rappresentanti della maggioranza sottolineano invece la necessità della lotta alla dispersione scolastica perseguita dalle politiche della Giunta.

Il dibattito è infatti proseguito con l’intervento del consigliere del Pdl, Renato Lai, che ha ricordato come questa sia un’occasione positiva, non solo per discutere della sc uola, ma anche perchè le proposte della Giunta si inseriscono perfettamente nella lotta alla dispersione scolastica. La maggioranza intende raccogliere le proposte della Giunta. E’ tuttavia vero che la Sardegna non può essere paragonata alle altre regioni e per questo è necessaria la riorganizzazione della rete scolastica.

A nome del Gruppo Sinistra sarda-Comunisti-Rossomori, Massimo Zedda ha sottolineato in premessa che la crisi economica che colpisce le famiglie ha gravi ripercussioni sulla qualità dell’istruzione, in quanto i primi tagli che le famiglie sono indotte a fare sono proprio sull’istruzione e la cultura. La questione scuola non sta a cuore ai governi, come dimostrano le politiche dei tagli. L’Italia è il Paese che spende meno nell’istruzione, mentre la scuola è il futuro del Paese. La riforma Gelmini non è una riforma virtuosa, ma crea precariato fra i docenti.

Quindi Claudia Zuncheddu, Sinistra sarda-Comunisti-Rossomori, secondo la quale la

riforma Gelmini mina uno dei pilastri della società italiana. Si sta riproponendo la scuola di 40 anni fa, ha detto, quando essa era un privilegio delle elite, con classi di 40 o 50 alunni e scuole che distavano chilometri dai centri minori. Si parla di riduzione della popolazione scolastica, in realtà questa presunta razionalizzazione accelererà lo spopolamento dei piccoli centri in quanto le famiglie cercheranno servizi migliori altrove. Infine la questione della scuola privata non deve dirottare risorse a scapito della scuola pubblica in uno Stato laico.

La discussione prosegue.

(lp)
I lavori del Consiglio



Seduta 26 (3 segue)





Mozione 14, (Espa e più) sulla scuola: il dibattito prosegue



Dopo l’on. Zuncheddu è intervenuto l’on. Vargiu (Riformatori), secondo il quale “nella discussione sono comparsi spunti interessanti. La mozione di Espa pone problemi importanti come il diritto all’istruzione, al posto di lavoro e l’attenzione nei confronti dei diversamente abili, tutti diritti non necessariamente legati tra di loro”. L’oratore ha aggiunto anche un’opinione nei confronti dell’on. Maninchedda: “Se lui darà una messa per i 150 anni dell’unità d’Italia io parteciperò alla messa e mi porrò il problema di come valorizzare questa ricorrenza, con un senso diverso rispetto a quello che animerà Maninchedda. Io mi sento parte dell’Italia e se lo Stato deve avere piena consapevolezza delle differenze tra i pezzi diversi di questa nazione. Per questo 15 anni fa in quest’Aula abbiamo posto il tema della Costituente e se il dibattito fosse andato avanti, non fosse stato interrotto per ragioni altre, avremmo fatto passi avanti nel miglioramento del rapporto pattizio tra la Sardegna e lo Stato italiano. Su alcuni temi come le zone franche possiamo evitare di dividerci e otterremo risultati importanti che ridaranno attenzione e centralità a quest’Aula”.

Per la Giunta ha preso la parola l’assessore alla Pubblica istruzione, Luciana Baire, che ha ricordato “il rischio che migliaia di precari sardi storici della scuola perdano il lavoro. Il problema del precariato esiste e la giunta regionale, pur in questo breve tempo, è impegnata a migliorare la qualità dei servizi scolastici. Abbiamo posto il problema dei precari della scuola negli incontri con il ministro Gelmini e con i rappresentanti del ministero, alla luce delle peculiarità della Sardegna. Per quanto invece riguarda gli alunni diversamente abili, il ministero conferma i posti istituiti nell’anno scolastico passato con le modifiche necessarie per arrivare al rapporto ottimale di un docente ogni due alunni diversamente abili. La Regione sarà parte attiva al tavolo per la distribuzione del personale e delle risorse per gli studenti disabili.

Sosterremo le rivendicazioni del personale docente e non docente, il diritto allo studio degli alunni disabili sarà tutelato e difeso in tutte le sedi”.

Per la replica è intervenuto l’on. Marco Espa (Pd): “Assessore, lei ha voluto darci un’idea di quel che la Giunta sta facendo per la vertenza scuola, citando dati che non ci risultano. Noi vogliamo che il suo assessorato abbia i dati di per sé, convocando la seconda conferenza della scuola in Sardegna. E lei deve avere la mappa della popolazione scolastica e degli alunni con disabilità, indipendentemente dagli uffici scolastici nazionali e regionali. Senza quei dati non è possibile programmare gli interventi finanziari né aprire vertenze con lo Stato. Noi non vogliamo rinunciare alla battaglia sui poteri e rivendichiamo il potere concorrente della Regione su questa materia. Ma nel frattempo dovremmo avere tutti a cuore il destino di migliaia di lavoratori sardi e non bastano i dati dello Stato che ci dicono che è tutto a posto, che nessuno perderà il lavoro. Il mio invito è a votare positivamente la nostra mozione e voglio vedere ora la sfida dell’unità, che non ha nulla a che fare con il colore politico ma la difesa della Sardegna davanti a una riforma che colpisce lavoratori sardi e alunni sardi”.

La presidente Lombardo ha dato nuovamente la parola alla Giunta. L’on. La Spisa, assessore alla Programmazione, ha chiesto una breve sospensione e il presidente Lombardo l’ha accordata interrompendo per dieci minuti i lavori. (C.C.)

Cagliari, 16 luglio 2009 - Dopo una breve interruzione, il capogruppo dell’Udc Capelli ha chiesto una votazione per parti della mozione in discussione. nel breve dibattito diversi esponenti della maggioranza hanno manifestato perplessità e la richiesta è stata ritirata.

Per dichiarazione di voto sono intervenuti i consiglieri Mario Diana (Pdl), Luciano Uras (Sinistra-Comunisti-Rossomori), Marco Espa (Pd), Adriano Salis (Idv), Attilio Dedoni (Riformatori).

Messa in votazione, la mozione è stata respinta con 35 voti contrari e 19 favorevoli 2 astenuti

8 luglio 2009

ENCICLICA: ZAMAGNI, ECONOMIA MERCATO NON E'SOLO LIBERISMO O CAPITALISMO


Intervista a Stefano Zamagni, economista, il presidente dell'agenzia nazionale delle ONLUS e, se ricordate, mio testimonial e sostenitore alle ultime elezioni regionali...
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(ASCA) - Citta' del Vaticano, 1 lug - La terza enciclica di papa Benedetto XVI, 'Caritas in veritate', firmata lo scorso 29 giugno, non nasce in risposta alla crisi economica e finanziaria e non e' nemmeno, in senso stretto, una nuova ''Populorum progressio'', l'enciclica del 1967 - di cui rappresenta piuttosto un ''approfondimento'' - con cui Paolo VI condanno' il colonialismo, riflette' sulla condizione dei Paesi in via di sviluppo e critico' a fondo capitalismo e marxismo.

''Inizialmente - spiega uno dei principali consiglieri del pontefice per la stesura di 'Caritas in veritate', l'economista Stefano Zamagni, docente all'Universita' di Bologna e consultore del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, in un'intervista al Servizio di Informazione Religiosa della Cei - questa enciclica doveva rappresentare il completamento della riflessione sulla globalizzazione avviata da Giovanni Paolo II con la 'Centesimus annus'. Nel 1991 questo fenomeno era da poco iniziato, e dunque non si vedevano ancora le conseguenze che oggi, invece, sono sotto gli occhi di tutti''. Zamagni sara' l'unico 'laico' che partecipero' alla presentazione ufficiale della 'Caritas in veritate' il prossimo 7 luglio nella Sala Stampa vaticana.

Solo in un secondo tempo, spiega il professore, sono intervenuti dei ''rallentamenti dovuti a circostanze diverse, ultima in ordine di tempo la crisi economico-finanziaria.

L'enciclica non nasce come risposta ad essa''. Il papa, aggiunge, ''afferma che si tratta di un approfondimento della 'Populorum Progressio' di Paolo VI''.

Quanto ai contenuti dell'enciclica, Zamagni afferma che essa non contiene una condanna dell'economia di mercato in quanto tale. Anzi, ''il mercato di per se' e' cosa buona'', ma questo - che, e' importante ricordarlo, ''storicamente nasce nel Trecento per iniziativa dei francescani'' - va salvaguardato da chi lo vuole identificare unicamente con il ''modello capitalistico'' oppure con quello ''liberista'': ''L'errore corrente, rimarcato dalla dottrina sociale, sta nell'identificazione dell'economia di mercato con un particolare modello, ovvero quello capitalistico''.

''Non possiamo pensare al mercato in maniera totalista, ma pluralistica'', prosegue l'economista, e ''da questo pluralismo emerge che si puo' fare economia anche se non si persegue il profitto''. Per Zamagni, ''dentro al mercato devono operare realta' di diversa natura, che perseguono obiettivi differenti: imprese capitalistiche, sociali, organizzazioni del terzo settore... In secondo luogo occorre che anche l'attivita' finanziaria sia declinata al plurale: dunque, spazio alla finanza etica, che non puo' essere un'eccezione. La norma della finanza deve servire l'economia reale, e quindi e' la finanza speculativa a costituire un'eccezione. Da ultimo, valorizzare nel concreto il principio di sussidiarieta', introducendolo nelle politiche pubbliche, laddove oggi lo si confonde in maniera erronea con supplenza''.

Il mercato va invece condannato quando ''esce dal suo alveo'' e ''viene snaturato, ossia quando, anziche' essere finalizzato al bene comune, s'indirizza verso il bene totale, oppure il bene individuale di qualcuno''. ''Se ci sono distorsioni o inadeguatezze, non e' colpa dell'economia di mercato in quanto tale - precisa - ma di chi l'ha voluta incanalare verso obiettivi di egoismo, avidita' e possesso''.

L'obiettivo della dottrina sociale della Chiesa, a cui papa Ratzinger si e' ispirato nella stesura della sua enciclica, secondo Zamagni sta ''nell'indicare agli uomini di oggi la via per il superamento dei due modelli che, finora, avevano guidato i comportamenti in ambito sia economico sia politico: da un lato il modello legato al blocco sovietico dall'altro quel modello da taluni definito liberista che dovrebbe avere solo una posizione marginale nell'economia di mercato''.

Per Zamagni, la crisi puo' essere pero' l'occasione per superare una delle sue storiche debolezze - gia' indicata da Antonio Rosmini nel XIX secolo: la ''mancanza di un'adeguata formazione ed educazione in campo economico'', soprattutto per quel che riguarda l'economia politica, ossia ''la riflessione su come deve essere il giudizio cristiano relativamente al modo di organizzare le attivita' di produzione e consumo in vista del bene comune''. ''Ma la crisi - conclude -, ora, puo' aiutare a far riprendere consapevolezza all'interno della Chiesa dell'importanza strategica della dimensione economica della vita umana''.

asp/glr/rob

5 luglio 2009

Quando i clandestini eravamo noi

Davanti all'approvazione della legge Maroni Bossi Berlusconi sulla sicurezza del paese, non possiamo non dire la nostra e non contestare con decisione un provvedimento che, come denunciato tra gli altri da il cardinale di Milano Tettamanzi o l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, creerà sofferenza e discriminazione in coloro che stanno facendo quello che noi italiani, sardi, i nostri padri, abbiamo fatto per decenni. Fuggire dalla miseria per un futuro migliore. La diversità un reato.
Vi propongo qui sotto una riflessione che ci appartiene, fa parte della nostra storia.
Marco Espa
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“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali". "Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purchè le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione".

Da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.

Non ci andava meglio in Svizzera, negli anni ’70 con i leader che scrivevano: “Le mogli e i bambini degli immigrati? Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Che minacciano nello spettro d’una congiuntura lo stesso benessere dei cittadini. Dobbiamo liberarci del fardello». «Dobbiamo respingere dalla nostra comunità quegli immigrati che abbiamo chiamato per i lavori più umili e che nel giro di pochi anni, o di una generazione, dopo il primo smarrimento, si guardano attorno e migliorano la loro posizione sociale. Scalano i posti più comodi, studiano, s’ingegnano: mettono addirittura in crisi la tranquillità dell’operaio svizzero medio, che resta inchiodato al suo sgabello con davanti, magari in poltrona, l’ex guitto italiano».

In quegli anni – ieri rispetto alla Storia - in Svizzera c’erano circa 30.000 bambini italiani clandestini, portati di nascosto dai genitori siciliani e veneti, calabresi e lombardi, a dispetto delle rigorose leggi elvetiche contro i ricongiungimenti familiari, genitori terrorizzati dalle denunce dei vicini che raccomandavano perciò ai loro bambini: non fare rumore, non ridere, non giocare, non piangere.

Prima degli anni ’50 gli italiani andavano a Bucarest per lavorare nelle fabbriche e nelle miniere e alla scadenza del permesso di soggiorno restavano in Romania, clandestini. Nel 1942 il Ministro dell’Interno fu costretto ad inviare a tutti i Questori una circolare con la quale li si invitava a non far espatriare gli italiani in Romania.

In India, nel 1893, il console italiano scriveva a Roma per dire che in quella città tutti quelli che sfruttavano la prostituzione venivano chiamati “italiani”.

Tra la prima e la seconda guerra mondiale molti italiani andavano in America con passaporti falsi o biglietti inviati da pseudo parenti italo americani. In realtà una volta sbarcati li attendevano turni di lavoro massacranti perché ripagassero, senza stipendio, il costo di quel viaggio della speranza.

Non sono aneddoti. E’ storia, tratta dalla Mostra “Tracce dell’emigrazione parmense e italiana fra il XVI e XX secolo” (Parma, 15 aprile 2009).

Gian Antonio Stella, nel suo bellissimo libro “Quando gli albanesi eravamo noi”, ci ricorda che “….Quando si parla d’immigrazione italiana si pensa solo agli ’zii d’America’, arricchiti e vincenti, ma nessuno vuole sapere che la percentuale di analfabeti tra gli italiani immigrati nel 1910 negli USA era del 71% o che gli italiani costituivano la maggioranza degli stranieri arrestati per omicidio” o ancora che il primo attentato nella storia con un’auto imbottita di esplosivo è stato fatto a New York, non da terroristi ma da criminali italiani contro una banda avversaria.

Forse ci ricordano che la nostra Terra gira, gira velocemente nello spazio e nel tempo creando nuovi ricchi ed ammassando nuovi poveri. I ruoli si invertono ma i clandestini restano anche se hanno un colore diverso. Fuggono da Paesi in cui l’unica prospettiva è morire per fame o morire per guerre volute da altri. Ed allora questa gente può solo correre, correre, correre impazzita verso il nord, verso il mediterraneo, verso quelli che credono essere orizzonti migliori

di Aldo Maturo, http://www.agoravox.it/QUANDO-I-CLANDESTINI-ERAVAMO-NOI,6706.html

3 luglio 2009

Riforma Gelmini: salvato l'impianto della legge ma sulla riduzione degli istituti decidono le Regioni

beh, qualche inizio di ....buona notizia.... Ciao Marco Espa
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La Consulta boccia (in parte) i tagli della Gelmini

ROMA La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittime le norme sui tagli alla scuola che il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ha previsto a partire dal 2009-2010. I giudici della Consulta hanno di fatto salvato, ritenendolo di competenza esclusiva statale, l'impianto complessivo degli interventi contenuti nel decreto sullo sviluppo economico di cui, però, sono stati bocciati due punti: la definizione tramite regolamento ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica; l'attribuzione anche allo Stato (e non soltanto alle Regioni) delle misure necessarie a ridurre i disagi causati dalla chiusura o accorpamento di scuole nei piccoli comuni.
È stato «conservato l'impianto del riordino del sistema scolastico» e «i punti giudicati incostituzionali sono marginali», ha commentato il ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini. «Prendo atto con soddisfazione delle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale - ha detto il ministro - posto che è stata riconosciuta la legittimità costituzionale dell'impianto complessivo dell'articolo 64 del decreto legge 112». «La sentenza - ha, invece, affermato la deputata del Pd Manuela Ghizzoni - dichiara l'illegittimità costituzionale del famigerato articolo 64 della manovra estiva dello scorso anno. La Gelmini e tutto il governo davanti alle proteste e ai rilievi dell'opposizione e del mondo della scuola non si sono mai fermati. Ora questa tracotanza trova una netta battuta d'arresto».
In realtà, con la sentenza n. 200, scritta dal giudice Quaranta, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, comma 4, lettera f bis ed f ter, del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge con modifiche nell'agosto 2008.
Per la Corte, infatti, solo in questi due punti - mentre tutte le altre contestazioni mosse da otto Regioni sono state dichiarate inammissibili, infondate o superate da nuove norme - è stato violato l'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni sulla base delle modifiche apportate dalla riforma del titolo V della Costituzione nel 2001.
Le motivazioni della lunga sentenza (38 pagine) fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. «Il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale - scrive la Consulta -, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica».