29 aprile 2008

Soru a Sant’Elia: «Ricostruiamo il quartiere insieme»

Assemblea tra i palazzoni dopo la lite con il Comune: la rabbia degli abitanti, il discorso del presidente. (La Nuova Sardegna 29 aprile 2008, Umberto Aime)
CAGLIARI. L’autista della Regione è il più imbarazzato della flottiglia di viale Trento: come faccio a star dietro a un presidente, che s’è infilato in piazza Falchi neanche fosse Montecitorio? Non sa che fare, l’uomo in grigio. I palazzoni di Sant’Elia sono dappertutto. Attorno a lui e a Renato Soru, che giorni fa aveva preso appuntamento con chi abita (male, malissimo) alle “Lame”, agli “Anelli”, in via Schiavazzi e dovunque ci sia del cemento a cubi scrostato, mangiato e abbandonato. Eccolo, il presidente tra immondezza, carcasse di video-poker, grondaie squarciate e tubi che sputano acqua nera. Lo aveva detto Soru: «Qualunque cosa accada con il Comune, lunedì voglio parlare con la gente». Quello che è accaduto si sa: l’altro consiglio di via Roma, quello municipale, ha stracciato l’accordo con la Regione per Sant’Elia, e ieri Soru s’è trovato davanti solo gente esasperata e incazzata. Lui ha preso il megafono e parlato lo stesso: complimenti per il coraggio.
Dell’altro fronte, il municipio, s’è visto solo l’assessore all’urbanistica Giovanni Maria Campus, non Emilio Floris, anche se il sindaco avrebbe dovuto esserci se non altro per cinismo politico. Qui l’ex Forza Italia è maggioranza con una sezione imbandierata ancora alla vecchia maniera dopo aver sfrattato niente meno che Rifondazione comunista. A tre passi da quei vessilli per lui nemici, c’è solo Renato Soru, in un completo blu che presto finirà preda dell’intonaco, viene giù come se fosse forfora, e che ai piedi ha delle scarpe nere e lucide all’inglese, a fine missione offese da un solco lungo e spesso quanto la chiave appena strisciata sulla carrozzeria dorata del Suv al seguito del presidente. Non sono l’abito e le scarpe a far la differenza, anche se la platea veste casual dalla testa ai piedi. Sono i toni a far capire da subito che ci sarà un clima da battaglia: Soru con il megafono a pile, gli altri a gridare. Cosa? «Ci siamo rotti le palle», «Non vogliamo più vivere in un centro tumori», «Ho il diritto di uscire e invece quattro balordi mi guardano come se volessero ammazzarmi ogni volta che io li guardo»: queste sono le grida di uomini e donne, i bambini piangono, che dell’ultima lite tra Regione e Comune dicono di aver capito solo “Destra, Sinistra e Centro siete tutti uguali: di Sant’Elia ve ne sbattete”. È questa la sintesi di Billo, il capopolo di questa piazza, dove l’umore è più da Vaffa-Day che per il dialogo. Ed è in questo momento che lo staff di viale Trento ha temuto il peggio: attenti, qui finisce in linciaggio, è stato il passaparola tra chi si vedeva già travolto dallo tsunami in avvicinamento. Paurosi, quello del team, non il loro capo, che ha esordito: «Sono qui come promesso, siamo tutti uomini di parola. Eccomi: cominciamo, questo è il mio numero di telefono, 070606700, chiamatemi, convocatevi per lavorare insieme». Bravo, presidente, applausi per il presidente, perché la folla s’è ammutolita in un secondo, s’è messa ad ascoltare. Miracolo di comunicazione, miscelato benissimo con un populismo stavolta per nulla stucchevole: Ok Renato Soru, benvenuto a Sant’Elia. Il governatore ha litigato ancora un po’, solo con il megafono, per poi andare dritto nel suo ragionamento: «Sicuramente per colpa mia e anche di altre persone, non vi abbiamo ancora potuto spiegare tutto quello che si può fare per il vostro quartiere, ma per farlo vi chiedo di mettere da parte i pregiudizi e le ostilità preventive». Le duecento persone di piazza Falchi lo hanno seguito ancora, con le sole interruzione che sono inevitabili quando ciascuno ha un problema: il contatore dell’acqua manomesso da chi si fa ancora le pere, un ascensore murato su due, il tipaccio sottocasa, i cagliaritani che girano la faccia quando di giorno passano a Sant’Elia ma la notte sono qui per comprare hascisc e cocaina, come disse tempo fa il parroco in una denuncia rimasta inascoltata. C’è da chiedersi: chi sono i veri nemici di un quartiere che altri, non qui, chiamano ancora ghetto? Qualche nemico vivrà anche nei palazzoni Del Favaro, ma molti - dice Antonello Puddu, segretario regionale dell’Unitat, il sindacato degli inquilini della Uil - stanno in quel consiglio comunale, governato dal centro-destra, che ha bocciato l’accordo di programma, anche se è stata una bocciatura tecnica e non politica, s’affretterà a giustificarsi l’assessore Campus. Renato Soru sull’argomento ha una sua idea (è molto politica) ma non può svelarla dopo aver mandato a dire Che sia il sindaco a riscrivere l’intesa sul Betile e sulla riqualificazione urbana poi veniamo insieme, io e lui, a discuterlo tra la gente. Emilio Floris non avrebbe ancora una sua controproposta ma Soru è venuto lo stesso. Per dire: «Qui non è più dignitoso vivere. Ci sono molte decine di milioni, li ha Area, l’ex Iacp, per ristrutturare e trasformare questo quartiere grigio in un quartiere colorato e bello. Dove ci sarà spazio per case accoglienti, alberghi, ristoranti e laboratori artigiani al posto di appartamenti vecchi, garage sbarrati, ringhiere-prigione». Per dire ancora: «Nessuno vuole mandarvi via. Pensavamo di abbattere i palazzoni, ma gli architetti ci hanno detto che possono essere recuperati e dunque nessuno di voi sarà cacciato da casa». Per aggiungere: «Sono pronto ad aiutare chiunque, pescatori e donne, imbianchini e ragazze, voglia mettere su una cooperativa e fare il piccolo imprenditore, in attesa del Betile che da solo porterà almeno cento posti di lavoro». Per chiudere, prima di uno coreografico sopralluogo nell’appartamento di Billo, il capopolo: «Vi chiedo di aiutarmi fisicamente a far rinascere Sant’Elia». Comune permettendo.

20 aprile 2008

Una città a misura di persona. Leggi la proposta di legge

Carissimi qui sotto potete leggere una proposta di legge regionale (primo firmatario Mario Bruno) che auiterà le città sarde a migliorare la vivibilità per coloro che si fanno cura degli altri: credo sia un atto dovuto nei confronti in particolare di tutti coloro che spesso devono impazzire nel riuscire a conciliare una vita lavorativa con i compiti di cura familiare.
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CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

Proposta di legge

dei Consiglieri Bruno, Espa, Porcu, Pinna, Cerina


Disposizioni regionali per il coordinamento dei tempi delle città
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RELAZIONE DEI PROPONENTI
La legge 8 marzo 2000, n. 53 recante “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi”, si caratterizza per l’importanza prioritaria che essa assegna alla esigenza di razionalizzazione della gestione dei tempi nella città e per l’interesse alla promozione di forme di solidarietà sociale nella utilizzazione del tempo.
Le costanti trasformazioni nel lavoro e nella vita sociale plasmano il tempo rendendolo una risorsa scarsa e preziosa che ha a che fare con l’organizzazione sociale, sempre più complessa e permeata da vincoli e rigidità della città, e con i bisogni, differenziati e qualificati, delle popolazioni. Una città è vivibile, accogliente e amica di chi ci vive e ci lavora se restituisce tempo ai cittadini, ovvero se offre la possibilità a uomini e donne di conciliare tra loro il tempo di lavoro, il tempo della cura e della famiglia, ed il tempo per sé.
È soprattutto in relazione ai nuovi compiti di indirizzo affidati alle Regioni che è possibile valutare l’apporto della legge 53/2000 in materia di disciplina dei tempi delle città.
L’articolo 22 della citata legge prevede una specifica funzione di programmazione e di impulso da parte delle Regioni, chiamate da un lato a dettare criteri e procedure per la definizione dei piani territoriali di coordinamento degli orari, e dall’altro a premiare sia l’attuazione sia la costituzione delle banche dei tempi, con specifici incentivi finanziari.
Quindi, rispetto al passato, quando per effetto dell’abrogato articolo 36 della legge 142/1990 le Regioni avevano un ruolo residuale potendo eventualmente dettare criteri per il coordinamento degli orari delle città, oggi esse sono “vincolate” all’esercizio di tale potere: vi è una responsabilizzazione diretta delle Regioni operata dall’articolo 22 della legge 53/2000, e l’esercizio del potere normativo da parte delle stesse ne costituisce il primo e significativo punto.
Con la presente proposta di legge, pertanto, si intende dare attuazione alle finalità della legge 53/2000 intervenendo sull’organizzazione dei tempi delle città e promuovendo l’uso del tempo per fini di solidarietà sociale.
La proposta di legge individua nel coordinamento e nell’amministrazione dei tempi e degli orari uno strumento per promuovere la qualità della vita e le pari opportunità tra uomini e donne. Il mancato coordinamento degli orari dei servizi pubblici e privati costituisce infatti un vincolo per le cittadine e i cittadini nella definizione della propria “agenda quotidiana”.
In particolare per le donne la rigidità degli orari è una delle principali cause di abbandono o di non ingresso nel mercato del lavoro, con conseguenze negative anche sul tasso di natalità. La proposta di legge si inserisce quindi nell’ambito delle previsioni dell’art. 117 della Costituzione, comma 7: “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.”
All’articolo 1 vengono indicate le finalità della legge. Si individua quale priorità trasversale la definizione delle azioni di coordinamento e armonizzazione degli orari, la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé delle persone che risiedono sul territorio regionale o lo utilizzano, anche temporaneamente.
Dopo aver specificato all’articolo 2 i compiti spettanti alla Regione, vengono dettati, all’articolo 3, i criteri che i Comuni debbono seguire per l’adozione del piano territoriale dei tempi e degli orari di cui all’articolo 24 della legge 53/2000 e, in generale, per il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città.
Sotto questo profilo si evidenzia che tali criteri agiscono sia sulla qualità dei tempi di vita dei cittadini, sia sulla qualità urbana. Le politiche sull’uso del tempo stanno vivendo una seconda generazione caratterizzata da una maggiore accessibilità dei servizi, da una riqualificazione degli spazi pubblici, da una maggiore attenzione alla mobilità urbana con lo scopo di ridurre la congestione del traffico e l’uso dei mezzi di trasporto pubblico per specifiche necessità, in orari particolari e in zone anche periferiche delle aree urbane.
L’articolo 4 definisce modalità e contenuti dei piani territoriali. In particolare, il comma 4 disciplina gli orari di vendita degli esercizi commerciali, rendendo derogabili dai Comuni le chiusure nelle giornate festive del 25 aprile e 1 maggio, anche con accordi intercomunali e previa osservanza della disciplina già introdotta con la legge regionale 6 dicembre 2006, n.17. Il comma 5, inoltre, abroga l’art. 3 della citata legge regionale 6 dicembre 2006, n.17.
Con specifici finanziamenti erogati ai Comuni, in aggiunta a quelli statali previsti all’articolo 28 della legge 53/2000, la proposta di legge non si limita a promuovere l’attuazione del piano territoriale degli orari ma anche la costituzione e la promozione delle banche dei tempi (articoli 5 e 6). Vengono così incentivate forme innovative di solidarietà che favoriscono la qualità della vita dei singoli e delle comunità locali, attraverso il libero scambio di prestazioni utili ma senza valore di mercato. Questa nuova e ricca realtà associativa, nata dal principio dello scambio, alla pari, delle ore chieste ed offerte sulla base dei bisogni e delle capacità di ciascuno, reintroduce in modo ingegnoso nelle nostre città il mutuo aiuto tipico delle antiche relazioni di buon vicinato. Esse costituiscono una rete di cittadinanza attiva e solidale che è interesse della Regione sostenere, poiché favorisce la qualità della vita dei singoli e delle comunità locali.
Anche qui la norma corrisponde alla scelta di dar valore ai tempi non monetizzabili di cura, solidarietà, dono e scambio di servizi, assumendo il principio che il tempo è molto più che denaro. Per il perseguimento di tali finalità si è cercato di privilegiare, attraverso l’erogazione dei contributi ai Comuni, tutti quei progetti di adesione alle banche dei tempi o di cooperazione con altri enti locali volti alla costituzione delle banche medesime, ovvero iniziative dirette a disporre in loro favore locali, attrezzature, strumenti operativi e servizi, ovvero che organizzano una costante attività di promozione e informazione della loro esistenza e attività.
L’art. 7 sancisce gli obblighi a cui devono attenersi i Comuni beneficiari dei contributi di cui agli articoli 5 e 6.
La presente proposta di legge prevede, infine, un ulteriore ambito di intervento operativo: l’organizzazione di corsi di formazione professionale destinati al personale utilizzato dai Comuni nella progettazione del Piano dei tempi e degli orari e nei progetti attuativi ad esso collegati, nonché nei progetti di riorganizzazione dei servizi (articolo 8).
L’articolo 9 contiene, infine, la norma finanziaria con oneri pari a 300.000 euro annui, a partire dal 2008.


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Art. 1
Oggetto e finalità
1. La Regione Autonoma della Sardegna promuove il coordinamento e l’amministrazione dei tempi e degli orari delle città al fine di sostenere le pari opportunità fra uomini e donne e di favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé delle persone che risiedono sul territorio regionale o lo utilizzano, anche temporaneamente.
1.La Regione, con la presente legge, promuove:
a)l’armonizzazione dei tempi della città tramite il coordinamento degli orari dei servizi pubblici e privati;
b)l’uso del tempo per fini di solidarietà sociale;
c)la riorganizzazione dei tempi delle attività lavorative e l’accessibilità ai servizi destinati alla cura, alla vita di relazione, alla crescita culturale e ricreativa, allo scopo di favorire l’integrazione nella vita sociale e il riequilibrio tra donne e uomini;
d)le pari opportunità, la dimensione di comunità e la qualità della vita, nella progettazione degli spazi e delle infrastrutture, nella dislocazione dei servizi, nella programmazione dei flussi di mobilità, nella modulazione dei tempi d’uso delle attrezzature e dei servizi.
2.La presente legge interviene nel rispetto delle disposizioni di cui al capo VII della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) e dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Art. 2
Compiti della Regione
1. Per le finalità di cui all’art. 1 la Regione:
a)integra le politiche temporali nei propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali;
b)adotta misure idonee a migliorare la funzionalità dei servizi, di concerto con tutte le amministrazioni pubbliche interessate, favorendo il coordinamento degli orari dei servizi pubblici e privati, in armonia con le esigenze della comunità;
c)sostiene, a seguito di accordi e intese con gli enti interessati, le attività finalizzate all’attuazione dei progetti di coordinamento degli orari della città, di cui all’art. 4, e ne rende condivisibili le esperienze agli altri enti e ai cittadini, anche tramite la rete telematica regionale;
d)elabora criteri di riferimento per gli Enti Locali, finalizzati ad armonizzare le scelte relative alla dislocazione delle funzioni ed i servizi con i Piani territoriali dei tempi e degli orari, di cui all’art. 3;
e)concede finanziamenti ai Comuni per la predisposizione e l’attuazione dei Piani territoriali dei tempi e degli orari e per la costituzione, la promozione ed il sostegno delle banche dei tempi di cui all’art. 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
f)promuove corsi di qualificazione e riqualificazione del personale impegnato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.
2.L’amministrazione regionale adotta uno specifico piano per disciplinare gli orari e le modalità di apertura dei propri uffici centrali e periferici, di accesso ai medesimi e di erogazione dei servizi all’utenza, garantendo, anche attraverso l’informatizzazione dei propri servizi, la brevità dei tempi e le procedure più semplici per le prestazioni al pubblico. Il piano contiene anche le direttive per l’armonizzazione degli orari e delle modalità per la prestazione di servizi al pubblico da parte degli enti e delle agenzie dipendenti dalla Regione.
Successivamente alla sua prima elaborazione il piano viene adeguato alle previsioni dei piani territoriali di cui al’articolo 5. Il regolamento dei servizi e dei settori individua la struttura dell’amministrazione competente per l’elaborazione, l’attuazione e l’adeguamento del piano di cui al presente comma, che si avvale della consulenza del Comitato di cui all’articolo 5, comma 4.
3. In attuazione dell’articolo 26, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53 e dell’articolo 2, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), tutte le pubbliche amministrazioni con uffici centrali o periferici sul territorio regionale si conformano alle finalità di cui alla presente legge secondo le modalità previste dai piani territoriali di cui all’articolo 5.

Art. 3
Piano territoriale dei tempi e degli orari
1.I Comuni, in forma singola o associata, adottano il rispettivo Piano territoriale dei tempi e degli orari. Il Piano è strumento unitario di indirizzo strategico per l’attuazione delle finalità della presente legge, e realizza il coordinamento e l’amministrazione dei tempi e degli orari a livello comunale o sovracomunale. È articolato in progetti, anche sperimentali relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione.
2.Il Piano territoriale dei tempi e degli orari tiene conto dei seguenti criteri:
a)armonizzazione graduale degli orari dei servizi con le attività lavorative, secondo il criterio della pluralità dell’offerta, con schemi di orario e con tipologie differenziate, in modo da favorire l’autodeterminazione del tempo, l’adozione di modalità di lavoro volte a conciliare gli orari con gli impegni di cura, consentendo così una migliore qualità della vita;
b)razionalizzazione degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione in rapporto alle esigenze della popolazione residente, o di chi utilizza il territorio di riferimento per lavoro, turismo, accesso ai servizi pubblici;
c)programmazione degli orari delle attività commerciali in modo da garantirne la fruizione nelle diverse zone della città;
d)flessibilità e l’ampliamento degli orari di accesso ai servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari;
e)organizzazione degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura, anche con estensione alle fasce serali e della durata settimanale, in modo da consentirne un’ampia fruizione;
f)coordinamento degli orari dei servizi turistici, professionali, nonché delle istituzioni formative, culturali e del tempo libero, al fine di renderli più facilmente accessibili;
g)coordinamento degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici, in relazione alla mobilità urbana e alle pratiche di vita quotidiana, anche al fine di ridurre l’utilizzo di mezzi di trasporto individuale privati;
h)organizzazione dell’accessibilità ai servizi socio-sanitari, scolastici e per il tempo libero, anche assicurando i necessari mezzi di trasporto pubblico, al fine di rendere congruenti tempi, orari e localizzazioni delle singole strutture, in relazione alla vita e al funzionamento delle diverse aree territoriali;
i)ottimizzazione degli spazi e dei servizi rivolti ai bambini ed alle bambine, riconoscendo loro il diritto a vivere, giocare e socializzare in sicurezza e serenità.

Art. 4
Coordinamento degli orari e dei tempi della città
1.I piani prevedono e coordinano tutti i progetti comunali volti ad armonizzare i tempi della città, gli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, dei pubblici esercizi, degli esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e di spettacolo.
2.I Comuni predispongono ed attuano i Piani e i progetti promuovendo opportune forme di consultazione e di informazione dei cittadini.
3.Per la predisposizione e per l’attuazione di ciascun Piano e dei relativi progetti è costituito nel singolo comune o nella forma associativa tra comuni un apposito tavolo di concertazione al quale possono partecipare i soggetti pubblici e privati di cui all’art. 25, comma 1 della legge 53/2000, per l’acquisizione di proposte e di pareri sulla definizione dei progetti comunali che attuano il coordinamento degli orari della città, e su eventuali sperimentazioni di modifica degli orari stessi. I Comuni, nell’ambito della concertazione, possono promuovere accordi e intese fra tutti i soggetti pubblici e privati, finalizzati all’attuazione del piano.
4.I progetti comunali di cui al comma 2, definiti secondo le procedure di cui al comma precedente, contenenti i principi che stabiliscono gli orari di vendita nel territorio, rispettano i criteri seguenti:
a)gli esercizi di vendita possono restare aperti al pubblico dalle ore 7,00 alle ore 22,00 per un limite massimo di tredici ore giornaliere;
b)gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva. Il Comune può consentire, nei periodi di maggiore afflusso turistico, in occasione di eventi e di manifestazioni di particolare rilevanza o per rispondere alle esigenze e ai tempi di vita e di lavoro dei cittadini, l’esercizio di vendita oltre le ore 22,00, nonché l’apertura domenicale o festiva;
c)al fine di acquisire i relativi pareri e gli eventuali accordi intervenuti tra le parti, il Sindaco attiva il tavolo di concertazione sulla base dei seguenti principi: rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori, necessità di idonei servizi all’utenza anche attraverso la turnazione, periodi di maggiore afflusso turistico, tempi di vita e di lavoro dei cittadini;
d)i Comuni, anche con accordi intercomunali, individuano i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva;
e)non sono derogabili le chiusure relative alle festività del 1° gennaio, Pasqua, 25 e 26 dicembre.
5. L’articolo 3 della legge regionale 6 dicembre 2006 n. 17 è abrogato.

Art. 5
Contributi regionali per l’elaborazione e l’adozione dei Piani territoriali dei tempi e degli orari
1.La Regione eroga, annualmente, contributi ai Comuni ai fini della predisposizione ed attuazione dei Piani territoriali dei tempi e degli orari di cui all’art. 3.
2.I contributi, di cui al comma 1, sono concessi prioritariamente per:
a)progetti presentati da comuni che abbiano attivato nelle forme previste dall’articolo 12, comma 2, della legge regionale 2 agosto 2005, n. 12, forme di coordinamento e cooperazione con altri enti locali per l’attuazione di specifici piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini di utenza;
b)interventi attuativi degli accordi tra i comuni ed altri soggetti pubblici e privati di cui all’art. 25, comma 2 della legge 53/2000.
3.La Giunta regionale, con propria deliberazione annuale, stabilisce i tempi di presentazione dei piani territoriali degli orari di cui all’art. 3, nonché i criteri e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 1, su proposta dell’assessore competente in materia di enti locali.
4.Per l’analisi e la valutazione delle domande di contributo è istituito presso la direzione generale della Presidenza della Giunta apposito comitato. Fanno parte del comitato esperte ed esperti in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale, di gestione organizzativa e di pari opportunità tra donne e uomini; fanno parte del comitato il responsabile della struttura per il piano di cui all’articolo 2, comma 2 e la Presidente della Commissione regionale per le Pari Opportunità o una sua delegata.
5.I piani di cui al comma 3, pervenuti alla Regione, sono trasmessi al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), con indicazione dell’ordine di priorità, ai sensi dell’art. 28, comma 1 della legge 53/2000.

Art. 6
Contributi regionali per la costituzione, la promozione, il sostegno delle banche dei tempi
1.La Regione, in ottemperanza alle finalità di cui all’art. 2, comma 1 lettera d) sostiene la promozione da parte dei Comuni, di associazioni, denominate banche dei tempi, aventi esclusivamente gli scopi indicati al comma 1 dell’art. 27 della legge 53/2000 ed operanti nel territorio regionale.
2.Per le finalità di cui al comma 1, la Regione eroga contributi ai Comuni che:
a)promuovono e sostengono la costituzione di “banche del tempo” disponendo a loro favore l’utilizzo di locali e di servizi;
b)organizzano un’attività di promozione e informazione dell’esistenza e dell’attività svolta dalle banche dei tempi;
c)organizzano attività di formazione dei soggetti aderenti alle associazioni “banche del tempo”.
3.La Giunta regionale, con propria deliberazione, individua i criteri, le modalità ed i tempi per l’erogazione dei contributi di cui al comma 2.

Art. 7
Obblighi dei beneficiari dei contributi
1.La concessione dei contributi di cui agli articoli 5 e 6 comporta per i Comuni l’obbligo di realizzare le iniziative sovvenzionate dalla Regione.
2.I Comuni sono, altresì, tenuti a presentare, secondo le modalità fissate dalla Giunta regionale, ai sensi del comma 3 dell’articolo 5 e del comma 3 dell’articolo 6 per l’erogazione dei contributi, idonea rendicontazione sull’utilizzo dei finanziamenti percepiti nell’anno precedente.
3.La corretta rendicontazione costituisce elemento determinante per la concessione dei contributi successivi.

Art. 8
Formazione professionale
1.La Regione nell’ambito delle proprie competenze in materia di formazione professionale, al fine di realizzare gli obiettivi di cui alla presente legge, prevede nel piano regionale di formazione professionale specifici corsi di qualificazione, riqualificazione, di riconversione e aggiornamento del personale utilizzato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.

Art. 9
Norma finanziaria
1.Gli oneri derivanti dalla attuazione della presente legge sono valutati in euro 300.000,00 annui.
2.Nel bilancio della Regione per gli anni 2008-2010 sono apportate le seguenti variazioni:

IN DIMINUZIONE:

UPB S08.01.002 FNOL parte corrente

anno 2008 € 300.000,00
anno 2009 € 300.000,00
anno 2010 € 300.000,00
anno 2011 € 300.000,00

mediante riduzione della riserva di cui alla voce 3 della tabella A allegata alla legge regionale 5 marzo 2008, n. 3 (legge finanziaria 2008).

IN AUMENTO

UPB S01.06.001 Trasferimenti agli enti locali - parte corrente

anno 2008 € 300.000,00
anno 2009 € 300.000,00
anno 2010 € 300.000,00
anno 2011 € 300.000,00
3.Alla attuazione della presente legge concorrono altresì i fondi di cui all’articolo 28 della legge 8 marzo 2000, n. 3 (Disposizioni per il sostegno alla maternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) che sono iscritti nel bilancio della Regione con Decreto dell’Assessore della Programmazione, Bilancio, Credito e Assetto del Territorio.
4.Le spese derivanti dalla attuazione della presente legge fanno carico alla suddetta UPB del bilancio della Regione per gli anni 2008-2011 e a quelle corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.

Art. 10
Pubblicazione
1.La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna.
2.E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Autonoma della Sardegna.


Cagliari, 18 aprile 2008




f.to

Mario Bruno
Marco Espa
Antioco Porcu
Stefano Pinna
Giovanna Cerina

15 aprile 2008

Sentenza pericolosa: testimonianza di Ada

Un contributo che ho ripescato dai nostri archivi... quando Bruno Vespa venne a casa nostra con il suo "Porta a Porta" per una trasmissione speciale sull'eutanasia.
Ecco l'intervista ad Ada

Elezioni: e ora?


una riflessione del mio amico Gianluca Floris, scrittore, cantante lirico e tante altre cose... (il suo sito http://www.gianlucafloris.com/ ) dopo il risultato elettorale di ieri.

Cari amici,

se siete in questa lista di invii, vuol dire che siete nella ristretta mia lista. Lista delle persone che stimo e alle quali voglio assolutamente dire una cosa importante.
Siamo tutti tristi per il risultato elettorale che ci regala altri dieci anni (perché saranno dieci, lo sapete!!) di governo Berlusconi. Ed è a tale proposito che vi devo fare questo discorso importante.

Premessa: siamo in democrazia e io alla democrazia ci credo veramente. Ringrazio ancora il fatto che siamo in uno stato dove la maggioranza vince. Non sono ironico: anche se ha vinto la parte politica che non ci piace, dobbiamo capire che è giusto che governino loro. Lo ripeto: è giusto perché il risultato elettorale è inoppugnabile.

Quello che mi preoccupa: sinceramente la cosa che più mi preoccupa è il fatto che abbia vinto lo schieramento che propone un'idea di società che ha paura dello straniero (neri, cinesi, marocchini... ecc. ecc.), che sostiene che si debbano fermare i magistrati, che ritiene che non si debbano pagare le tasse per la solidarietà sociale della nazione e che ritiene che la cultura sia una spesa voluttuaria della quale si possano occupare Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi.

Quello che c'è da fare. Ecco quello che vi voglio dire: il vero problema è il fatto che la gente non sente come priorità il dialogo e la convivenza fra le diverse culture, che ritiene che la legalità sia nemica dei cittadini perché non li lascia liberi di delinquere e che ritiene la cultura e la sua fruizione assolutamente secondari per l'anima e la vita della gente. Il procedimento di instupidimento delle masse è giunto a pieno compimento oggi che il popolo minuto è finalmente convinto, grazie a anni di canale 5 e di grande fratello, se è crollato il potere d'acuisto di stipendi e pensioni è tutta colpa dei due anni di governo Prodi. Sembra incredibile ma a tanto è arrivato l'imbarbarimento della cultura media dell'italiano. Ancora di più: nonostante Dell'Utri abbia pubblicamente dichiarato che il pluriomicida della mafia Mangano "è un eroe", gli italiani lo hanno riempito di voti. Questa è la situazione e questo vi devo dire: è il momento di agire ed è urgente che lo iniziamo o che continuiamo a farlo da subito, con maggiore forza e convinzione. Non dobbiamo smettere di testimoniare il nostro impegno ciascuno nel proprio settore, svolgendo la nostra attività con maggiore coraggio e con maggiore intransigenza. Pensateci bene: è l'unica arma che ci rimane. Io continuerò a rispettare la legalità, a pagare le tasse, a fermarmi per far passare i pedoni sulle strisce, a non passare col rosso anche se nessuno mi vede, a rispettare i sensi unici, a lasciare sempre lo spazio in parcheggio per le carrozzine di bimbi e disabili, a buttare l'immondizia negli appositi contenitori ecc. ecc.
E' tutto quello che c'è da fare e non possiamo fare altro. Ma questo poco dobbiamo veramente e urgentemente continuare a farlo e a testimoniare con i fatti che noi siamo un'Italia diversa dalla maggioranza. Noi, facendo bene il nostro mestiere senza chiedere mai favori a nessuno e senza rubar nulla mai, siamo la testimonianza di come sia possibile costruire una nuova società. Io ci credo e da oggi ci credo ancora di più.
Vi prego di non buttare la spugna perché, lo so, la tentazione è forte ma non dobbiamo farlo. Ora più che mai.

Un abbraccio

Gianluca Floris

11 aprile 2008

Molto pericoloso: eutanasia e dintorni

Sentenza ieri in Francia, straziante ma gravissima insieme
immaginati se non comprendiamo la solitudine della mamma ma....
se la mamma è stata assolta, allora bisognava condannare chi non la sosteneva (i servizi, il comune, lo stato...)
la sentenza di assoluzione è veramente pericolosa, introduce il principio : ti assolvo in quanto la persona disabile era talmente grave che... insomma...!!!!
passa il principio che si possono uccidere le persone più gravi, è un'atto d'amore...che lava le coscienze della collettività, del diritto alla presa in carico e del farsi cura di chiunque sia in difficoltà.

Leggi sotto l'articolo e il dibattito che ne è nato subito dopo


Francia. La donna: «Non rimpiango il mio gesto, ma lei mi manca» Uccise la figlia malata: assolta
La giuria popolare legge il verdetto e poi applaude PARIGI Quando la corte d'assise di Val d'Oise ha pronunciato il verdetto di assoluzione sono scattati gli applausi. Nessuno - né la giuria popolare, né il pubblico presente alla lettura della sentenza in quell'aula di giustizia a nord di Parigi - voleva la condanna di Lydie Debaine, 66 anni, che nel 2005 aveva ucciso la figlia Anne Marie, 26 anni, gravemente handicappata.
Lydie aveva fatto ingerire alla figlia diversi barbiturici - probabilmente per stordirla - prima di annegarla nella vasca da bagno. Era il 14 maggio del 2005.
È stato un gesto che ha concluso una storia d'amore vero e di sofferenze atroci di tutte e due, madre e figlia, durata 26 anni, l'età di Anne Marie. Era nata prematura, con un grave handicap cerebrale. Da anni soffriva di crisi d'epilessia, di terribili mal di testa e di vomito. Anne Marie era invalida al 90% ed aveva l' età mentale di una bimba di 5 anni.
Lydie aveva cercato di curarla. L'aveva portata in centri medici specializzati fin da quando aveva 6 anni e fino ai 22. Poi l'aveva dovuta riportare a casa, perché non c'era più posto in quelle strutture. La sua malattia era incurabile.
«Soffriva troppo, passava giorni e giorni senza dormire», ha testimoniato la madre in aula, riconoscendo completamente i fatti dei quali era accusata, cioè di aver ucciso la figlia. Il pm aveva chiesto una condanna a tre anni di prigione con la condizionale.
È un momento, questo, in cui in Francia si discute con passione la questione dell'eutanasia, dopo la morte di Chantal Sebire, la donna di 52 anni, colpita da una malattia incurabile, che aveva chiesto invano di essere aiutata a morire. È stata ritrovata morta, nella sua casa, il 19 marzo scorso.
Ma da anni, in casi come quello di Lydie, la giustizia si mostra clemente nei confronti dei padri e delle madri che uccidono i propri figli handicappati. I pubblici ministeri chiedono sempre condanne con la condizionale, le giurie li seguono. Ma le assoluzioni piene sono rare.
Il pm aveva giustificato la condanna così: «La peggiore delle punizioni Lydie la vive già con la perdita della persona alla quale ha dedicato il suo amore e la sua vita». La giuria popolare l'ha invece assolta con applausi scroscianti. Lei, Lydie, ha così commentato: «Non rimpiango il mio gesto, ma mia figlia mi manca».

11/04/2008 L'unione Sarda

ecco il dibattito che ne è nato su alcuni forum


11/04/2008[mailto:] Per conto di Luciana Gennari
Inviato: domenica 11 maggio 2008 10.08
Oggetto: Re: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa

Sono pienamente d'accordo.
Luciana Gennari


Sent: Friday, April 11, 2008 1:57 PM

Subject: Re: [progetto_calamaio] sentenza molto pericolosa

marco, sono d'accordo con te.


premesso che è veramente difficile dire qualcosa in casi come questo, perché bisogna passarci per capire e perché credo che nessuno se la possa veramente sentire di giudicare una madre ed il suo gesto, mi sembra che almeno si dovesse inlfiggere una pena alla madre, magari una pena non intesa come detenzione in carcere ma come lavoro sociale, in una cooperativa o associazione, anche per permetterle un reinserimento nella vita di tutti i giorni. forse pena è un termine sbagliato: chiamiamolo aiuto che non può rifiutare, ma aiuto, quello che probailmente non ha ricevuto prima e quello che questa sentenza rischia di non riconoscerle nemmeno dopo, per cui la società si lava le mani due volte.

sono assolutamente d'accordo con quanto dici sulla responsabilità della comunità. questa è una cosa veramente rivoluzionaria. casi così gravi accadono perché le persone sono sole e la comunità ha una colpa. la responsabilità della qualità della vita delle persone è in parte dei singoli ma in parte di tutti: la somma della indifferenza di ognuno, crea drammi come questo. infliggerei una multa al comune o alla provincia e con quei soldi obbligherei gli enti locali ad implementare i servizi sociali, l'assistenza, creerei una casa famiglia...

marco, visto che adesso ci sei dentro, perché non proponi una legge tu?

grazie per avermi informato


rob


Sent: Friday, April 11, 2008 2:35 PM

Subject: Re:da marina cometto [progetto_calamaio] sentenza molto pericolosa


concordo con te Marco che bisognerebe condannare chi non ha saputo sostenere adeguatamente la famiglia nella complessa assistenza di cui necessitava Anne Marie, e come associazione tocchiamo con mano ogni giorno anche quì in Italia l'assoluta inefficienza dei Servizi Sociali quando si tratta di organizzare progetti personalizzati atti a aiutare la famiglia nelle difficile gestione di una esistenza in compagna della disabilità, ciò non toglie però che pur comprendendo la solitudine e le difficoltà della signora, (anche noi sappiamo da 35 anni cosa voglia dire rivoluzionare la quotidianità con un figlio disabile non autosufficiente) riteniamo che quando si infrange una legge è giusto che si venga puniti, qualsiasi sia stata la motivazione che ci ha portato all'atto estremo, non è possibile giustificare , perchè così si alimenta il già co,une pensiero che il diritto di vivere valga a seconda della capacità di determinarsi o delle complessità delle condizioni fisiche e mentali, mia figlia come tutti quelli che vivono la vita come lei ha il diritto di essere considerata essere umano come tutti i cittadini e la sua vita è preziosa come quella di tutti , per cui la Giustizia secondo me ha preso una grande cantonata che spero che non si ripeta più , anche se ho molti dubbi , la cultura della morte sta prevalendo sul diritto alla vita , e questo in una Società che si dice civile è molto discutibile.


From: Ugo Avalle
Sent: Sunday, April 13, 2008 3:29 PM
Subject: [SPAM]R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa

Permettetemi,ma occorre " esserci dentro" per capire veramente! Nessuno deve semplificare: uccidere le persone più gravi è un atto d'amore. Che cosa avrebbe pensato in proposito Welbi? Lo so che se ami veramente,non devi uccidere: ma,l'amore non consiste anche nel non voler far più soffrire la persona che ami?

Ugo

Per conto di Luciana Gennari
Inviato: domenica 11 maggio 2008 16.30
Oggetto: Re: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa

Caro Ugo,
io ci sono molto dentro per capire cosa significhi un atto d'amore per un genitore. Ho un figliolo cieco pluriminorato, e al "nostro dopo di noi" ho pensato a lungo e ho trovato la mia soluzione. Però lasciami dire, che questa sentenza è pericolosa perchè potrebbe essere un'arma a doppio taglio.Non si deve avallare in alcun modo questo gesto, per pericolo di emulazione, perchè ci sono anche alcuni genitori che questa situazione gli stà stretta per vari motivi, e che potranno essere spinti a fare questo gesto non per amore.
Luciana


From: Ugo Avalle
Sent: Sunday, April 13, 2008 7:25 PM
Subject: [SPAM]R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa

Gentile Luciana,concordo pienamente sul fatto che non si debba nosconderci dietro la difficoltà per ( mi scuso per l’espressione) toglierci un peso! Ricorda anche il caso di quel padre che ha ucciso il proprio figlio perché aveva esaurito tutte le scorte di dedizione,pazienza ed anche di amore! Condivido pienamente anche la considerazione relativa alla totale assenza o alla scarsa presenza dei servizi; io ho avuto a che fare sia con mio padre e mia madre molto ammalati ed altrettanto problematici ; ho dato fondo ai loro pochi risparmi ed anche “ sopportato in casa tre badanti. Quando mi sono rivolto ai servizi mi sono sentito rispondere che i fondi per un piccolo contributo economico non esistevano e poi …<< è il figlio che deve provvedere ai propri genitori>> Risposta molto …acuta!




Sent: Sunday, April 13, 2008 9:12 PM
Subject: Re: R: [sociale-edscuola] sentenza molto pericolosa

allora per essere chiari.
non entro nelle scelte di welby, che per me rimane comunque una sconfitta collettiva, non una vittoria di nessuno. ma è solo il mio parere.
qui stiamo parlando di una persona disabile grave che è stata soppressa, uccisa, non manifestando nessuna sua volontà di morire. parliamo di una mamma che si è fatta in quattro tutta la vita e che poi non ce l'ha fatta più.
il problema non è la mamma, poverina per me non ha colpe, se lasciata sola e abbandonata. nessun giudizio morale su di lei.
e che andava almeno "giuridicamente" condannata (ha sicuramente vissuto da eroe per 26 anni come molte mamme in italia (e molte leggono qui) che continuano ad essere eroi tutti i giorni. la galera spetta a chi non ha dato assistenza.
Colpiscono gli applausi, ovvero la "comprensione", rimozione della societa che, nel caso di una disabile grave con crisi epilettiche ma sembra con una certa sua autonomia (niente a che vedere con mia figlia, molto più grave come migliaia di persone in italia e sicuramente in francia) è motivato che non ce la si può fare e quindi si può uccidere, ovvero smettere di soffrire... atto di amore! ma de che???
smette di soffrire la collettività, ce ne si lava le mani sul perchè. si dice era una persona troppo difficile...! si considera un fatto per la sua natura pubblico, come un fatto privato che interessa la mamma e la figlia uccisa. noi giudichiamo, ma dal di fuori. non ci tocca.
allora diciamo che, come succede in olanda con quel medico che eutanizza (uohah, scusate mi è partito un conato) i bambini con la spina bifida dicendo "ma voi lo sapete che cosa vuol dire avere un figlio con la spina bifida?" (al quale hanno risposto tanti genitori di bambini con la spina bifida dicendogli, in sintesi, ma vaffa...) se uno è un disabile grave e "soffre" troppo secondo noi, come atto di amore, lo facciamo fuori.
magari iniziamo noi genitori e poi passiamo allo Stato, alla collettività, che può iniziare a regolamentare questa prassi amorosa...
faccio un esempio: io ho un'amico veramente molto depresso che veramente ma veramente soffre molto e fa soffrire i suoi, e che esprime spesso il desiderio di morire.
per amore lo smettiamo di farlo soffrire?
ovviamente credo che nessuno sulla terra può pensare che io sia una persona equilibrata, con un minimo di buon senso se porto avanti questa tesi.
ma se si tratta di una persona gravemente disabile, che non si può rappresentare da sola e che mai ha manifestato desiderio di morire, in questo caso la stampa spesso dice..." atto di amore..." e adesso iniziano i tribunali europei, a quanto pare...

mi vengono i brividi.



Marco Espa
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Infine aggiungo la testimonianza di Ada, che potete vedere in Video cliccando qui

«L’ex premier teme il confronto con Veltroni e allora attacca me»

«L’ex premier teme il confronto con Veltroni e allora attacca me»
Dopo il voto del 13 e 14 aprile non mi dimetterò: l’ho già detto in Consiglio Per le regionali 2009 parteciperò alle primarie
AUGUSTO DITEL (la nuova sardegna dell'11 aprile 2008)


- Nel giro con Veltroni, che Sardegna ha trovato, presidente Soru?
«Una Sardegna che vuole andare avanti. Una Sardegna piena di speranza. Una Sardegna che non ha nessuna voglia di essere governata da Berlusconi».
- Paga anche nell’isola la scelta del Pd di andare da soli?
«E’ apprezzata dappertutto. In giro per la Sardegna, con Veltroni, abbiamo visto piazze e sale affollatissime. La gente ha capito che da un lato c’è un signore che fa politica da 15 anni e si presenta per la quinta volta come candidato premier, con il codazzo di 15-20 sigle le più disparate; dall’altro, c’è invece un ex sindaco di Roma che ha lavorato molto bene per la sua città e che, a 52 anni, si presenta per la prima volta con un programma chiaro, concreto, praticabile. Un candidato alla guida del Paese che spiega il suo programma e non straccia quello degli altri».
- Berlusconi in Sardegna ha detto che chi vota Veltroni, vota Soru: ce l’ha con lei, insomma.
«Ha paura, e si vede. Silvio Berlusconi teme il confronto con Walter Veltroni e sposta il tiro su di me».
- Il Pdl forse vi dà in recupero ma è sicuro di vincere comunque.
«Vedremo. Certo è che siamo passati dall’amarezza per l’epilogo del governo Prodi alla forte preoccupazione che Berlusconi possa tornare a governare ancora. E’ stata un’esperienza già vissuta e la sofferenza, per la Sardegna, è stata enorme. Mi fa paura il solo pensare che quest’uomo di 72 anni, abituato ad avvelenare i pozzi, possa vincere queste elezioni».
- C’è anche l’ipotesi del pareggio.
«Altro fatto anomalo. Per colpa di una legge elettorale definita dalla destra “una porcata”, è in pericolo la governabilità del Paese. Veltroni e il Pd hanno proposto un esecutivo a termine per modificare quella legge per consentire alla futura maggioranza di governare e all’opposizione di svolgere il suo ruolo. Berlusconi ha rifiutato, e si presenta alla guida un caravanserraglio eterogeneo che non promette nulla di buono».
- Lei è fortemente preoccupato come governatore che dovrà confrontarsi col governo di destra?
«E’ già capitato. Per due anni, la giunta regionale ha avuto come interlocutore (si fa per dire) il governo Berlusconi, che si è distinto per la totale mancanza di ascolto della Regione. Siamo andati da lui per illustrargli il tema delle entrate fiscali e lui parlava del giardino della sua villa, delle sue piante: sono rimasto sbalordito. Poi, sempre a proposito di entrate fiscali, con uno degli ultimi atti del suo governo, ha elargito una altro miliardo di euro alla Sicilia: a noi neanche un cent».
- Poi c’è stata la manifestazione lungo le vie di Roma: oltre 5mila sardi con lei e i sindacati.
«Già, e l’atteggiamento non è mutato. Giorni fa, parlando a Cagliari, vicino a casa mia, Berlusconi mi ha definito più o meno uno squilibrato. Lascio ad altri il giudizio su quanto detto da lui; io ribadisco il mio: rimango sbalordito da chi considera la Sardegna come il giardino della sua casa, di fronte a chi invece pone dei temi essenziali per la Sardegna nel rispetto dello Statuto sardo».
- Vuol dire che, se vince Berlusconi, i buoni rapporti Regione-governo centrale rischiano di rovinarsi?
«Con i due anni di governo Prodi sono stati ottenuti risultati molto importanti. Berlusconi, se uscirà vincitore, continuerà a non occuparsi della Sardegna: darà pacche sulle spalle a tutti, ma non a me».
- Ad Alghero e a Cagliari ha detto di essere un sardo di adozione.
«Ah sì. Da premier è venuto in Sardegna centinaia di volte, a organizzare feste o cene a casa sua. Ha invitato anche me: ho rifiutato. Non si è mai degnato, in tutti questi anni, di venire nella sede della Regione, a Cagliari, in viale Trento. Berlusconi non sa nemmeno qual è il corretto rapporto istituzionale con la Regione, questa non è lealtà costituzionale».
- Molti, non solo a destra, sono convinti che lei si dimetterà dopo il voto del 13 e 14 aprile.
«Lo nego. Ho già detto in consiglio regionale, dunque in un’occasione solenne, che non avrei interrotto il mio mandato, e lo ribadisco ora. Dobbiamo completare il nostro lavoro fino all’ultimo giorno della legislatura».
- A cosa tiene in particolare?
«Provvedimenti per la scuola, riforma della formazione professionale, riforma dei consorzi industriali. Dopo il 15 aprile, ci sarà anche la decisione della Consulta sul referendum della Statutaria».
- G8 alla Maddalena: un’occasione di crescita per la Gallura, ma non solo.
«Va dato atto al governo Prodi di un comportamento leale e attento nei confronti della Sardegna. Si tratta di un’opportunità eccezionale per un’area geografica che ha sempre convissuto con un’economia militare da riconvertire in economia turistica, nel rispetto più rigoroso dell’ambiente. Si spenderanno quasi 200 milioni di euro per un evento che proietterà la Sardegna non solo nelle tv di tutto il mondo; la nostra isola sarà al centro del mondo, i maggiori opinion leader del pianeta si troveranno a occuparsi di noi. Senza dimenticare che il G8 consentirà ai nostri prodotti e alle nostre bellezze di arrivare nelle case di tutto il pianeta. Uno spot impagabile».
- Le opere rimarranno. Come alle Olimpiadi.
«Già. Sarà ampliato l’aeroporto di Olbia, infrastrutture sono previste a Palau, oltre che alla Maddalena. Per le imprese sarde si tratterà di una concreta possibilità di consorziarsi, di crescere».
- Beppe Pisanu vorrebbe lo spostamento dell’evento. I sindaci della Gallura temono ricadute negative sul turismo.
«Ma cosa vuole che siano gli eventuali disagi per i turisti, di fronte a questa opportunità per la Gallura e la Sardegna: alla Maddalena arriveranno non solo 25 capi di Stato, ma anche il presidente dell’Ue, quello della Commissione europea. Certo, anche Bertolaso avrebbe voluto lo slittamento di tre mesi ma il calendario lo decidono i governi, compreso il nostro».
- Veltroni, a Pula, ha parlato di Solar Valley per la Sardegna: propaganda elettorale?
«No, nella maniera più assoluta. La grande industria è legata alla tecnologia; per la bassa tecnologia ci sono altre parti del mondo. La Sardegna ha un atout decisivo da giocarsi: la nuova impresa si sviluppa nel campo della ricerca e della tecnologia e dalla tecnologia nascono le biotecnologie e la biomedicina. In Gallura sarà aperto il San Raffaele, non solo un ospedale ma un centro di ricerca italiano, come istituto che studia la scienza della vita. L’era della Solar Valley è già cominciata: la ricerca sulle energie rinnovabili (grazie a Rubbia e al suo “solare a concentrazione”) è già stata avviata. I pannelli voltaici, da noi, non debbono essere stoccati; bisogna progettarli, costruirli e solo alla fine ospitarli».
- Questo per il sud.
«Anche il nord trarrà benefici. Dalla riconversione della fibra di carbonio si possono realizzare componenti per la nautica e Olbia può ospitare il polo della nautica, com’è accaduto ad Arbatax, sempre che le aziende si consorzino. Sempre a Olbia, nascerà il polo aeronautico».
- Si ricandiderà nel 2009?
«Sì».
- Dopo le primarie?
«Alle primarie ci sarò anch’io».

9 aprile 2008

Io voto Walter Veltroni (con video...)


... e lo faccio con convinzione. Mi piace ricordare che il mio approccia alla politica iniziò nel 1999 per l'esempio datomi dal famoso ticket Prodi Veltroni. Tre anni di governo nei quali non ci fu una rissa, solo molta unità.
Ora Walter prosegue sulla linea: niente rissa ma proposta politica vera.
http://www.partitodemocratico.it/

ecco il video con il mio intervento a suo sostegno
tratto dal convegno Sardegna laboratorio d’Italia, Cagliari, 8 Aprile


Potete leggere la cronaca dell'evento e vedere anche i video dell'intervento di Renato Soru e di Chicco Porcu (che ringrazio insieme ad Angela) cliccando qui

doniamo il 5 x 1000


per aiutare le battaglie per l'integrazione e per il diritto alla vita dell'Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna.

5 aprile 2008

Sanità mentale, il piano della Regione ha segnato una svolta attesa da anni


Da tempo, soprattutto sulla stampa locale, si trascina un acceso dibattito sulle prospettive di cambiamento nell’assistenza ai pazienti con disturbo mentale. Come consiglieri regionali, e prima ancora come cittadini, riteniamo di dover intervenire soprattutto per rassicurare le famiglie dei pazienti e gli operatori che ogni giorno vivono il disagio mentale.
Il Piano sanitario regionale - approvato dopo vent’anni anni di assenza di regole - finalmente consente alla Sardegna di avere una sua programmazione sanitaria. All’interno del Piano, la salute mentale costituisce uno dei cinque ambiti di intervento ritenuti prioritari per i sardi. E’ previsto l’aumento dell’offerta dei servizi ambulatoriali, ospedalieri, domiciliari, con la riqualificazione degli spazi fisici, l’incremento delle fasce orarie di apertura, dei posti letto, dei programmi di intervento personalizzati.
Il Piano prevede, inoltre, come per le altre aree della salute, una particolare attenzione alla umanizzazione delle cure che, in questo caso, passa anche per la riduzione del ricorso ai mezzi di contenzione.
Gli atti successivi della giunta regionale sono stati adottati in applicazione degli obiettivi indicati dal piano sanitario ed hanno già prodotto risultati, quali la ristrutturazione ed apertura del nuovo SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) di Nuoro e la apertura del CSM (Centro di salute mentale) attivo sulle 24 ore di Cagliari. Altre azioni sono in corso e porteranno a breve all’apertura di un SPDC a Olbia, di un CSM sulle 24 ore a Nuoro, di due CSM attivi sulle 24 ore, rispettivamente a Quartu e a Selargius, dello sdoppiamento dell’SPDC di Cagliari. Inoltre, a dicembre 2007 sono state attribuite alle ASL risorse ingenti, da riservare all’acquisizione di personale e all’attivazione di progetti di cura personalizzati.
Dispiace che in tutto questo gli attuali vertici della sezione sarda della Società italiana di psichiatria (SIP) trovino le basi per lanciare alla Regione l’accusa di demonizzazione delle terapie farmacologiche, di disimpegno nei confronti dei disturbi psichiatrici minori e di spreco di risorse per abbellire inutili strutture di ricovero fuori dall’ospedale. Curiosamente, tra l’altro, a fronte di affermazioni così pesanti e perentorie non esibiscono alcun elemento verificabile.
In nessun passaggio del Piano Sanitario e in nessun provvedimento della Giunta sono mai stati espressi giudizi, assunti provvedimenti o intraprese iniziative volte alla disconferma o svalutazione dei trattamenti farmacologici. La Regione non intende entrare nello specifico professionale diagnostico e terapeutico del medico. Tuttavia, anche di recente, l’assessore alla Sanità ha dovuto indire una conferenza stampa a tutela di una corretta informazione della cittadinanza e degli utenti dei servizi, che non si vuole buttino via le medicine in risposta ad iniziative fuorvianti e mistificanti. La programmazione regionale prevede comunque che i servizi debbano fornire, oltre ai farmaci, percorsi di riabilitazione ed inclusione sociali in misura più consistente rispetto al passato.
Anche per quanto riguarda i disturbi psichiatrici minori, nessun atto ufficiale della Regione autorizza i servizi pubblici a concentrare l’intervento sulla schizofrenia e a negare l’assistenza alle altre patologie, gravi o lievi che siano. Certamente, come in ogni struttura pubblica, la priorità deve essere assegnata tenendo conto anche della gravità e urgenza del problema.
Bisogna inoltre precisare che il CSM ventiquattro ore della ASL di Cagliari è stato ricavato in un ambiente dell’ex Ospedale psichiatrico all’interno di un programma di investimenti complessivi per la realizzazione della cosiddetta “Cittadella della salute”, per un importo di circa 17 milioni, comprendente strutture per il dipartimento di prevenzione, per l’assistenza domiciliare integrata e per altre finalità. Il CSM è stato realizzato rifinalizzando la destinazione d’uso di uno degli ambienti. Le modifiche richieste per la nuova destinazione (da ambiente per ambulatori polivalenti a CSM) sono costate circa 195.000 euro.
Quanto alla contenzione, si tratta certamente di un tema dai seri risvolti etici: ma, a differenza di altri temi come l’eutanasia, la procreazione assistita, le cure palliative, etc. - dove il dibattito si arricchisce dell’apporto di associazioni, cittadini, bioeticisti, etc. - nel caso della contenzione l’impressione è che gli psichiatri non gradiscano interferenze. Loro sanno quando e come si agisce contro la volontà del paziente, non mostrano di nutrire dubbi e accettare consigli. Non è bene eccedere in sicurezza su argomenti così sensibili. Non solo gli psichiatri, ma anche gli altri, medici e non medici, sanno che la contenzione, giustificata con la tutela del paziente, produce sofferenza, offende la dignità delle persone e causa conseguenze gravi per la salute e anche per la vita. In tutto il mondo occidentale si è aperto un dibattito sull’uso dei mezzi di restrizione, evidentemente basato su un problema esistente e sentito, non inventato a Trieste. In numerose realtà, nazionali ed internazionali (Inghilterra e Stati Uniti in primo luogo), sono stati attivati programmi per la riduzione o l’ abolizione del ricorso alla contenzione, condivisi anche in ambito accademico: perché venga evitata, o confinata alle situazioni nelle quali è inevitabile e venga condotta secondo protocolli rispettosi della dignità e sicurezza per la salute fisica e psichica delle persone.
Nell’affrontare il problema della contenzione, tuttavia, gli apporti che provengono dalla «società civile» non devono ledere la dignità e moralità degli operatori e dei professionisti della salute mentale, che rimangono punto di riferimento per i pazienti e per le famiglie. Anche ai tempi del superamento degli ospedali psichiatrici nessuno era autorizzato a prendersela con chi ci lavorava. Estremizzazioni e radicalizzazioni portano ad interpretare solo una fetta di «sapere», che non rende ragione della complessità ed articolazione delle problematiche in campo e chiude, anziché aprire, il dialogo ed il riconoscimento delle ragioni dell’altro. Crediamo che la Società italiana di psichiatria debba, come premessa di credibilità, astenersi dalla pratica della mistificazione e del riduzionismo e aprirsi, su temi così sensibili, al dialogo con tutte le associazioni di utenti e familiari interessati al problema.

I consiglieri regionali: Marco Espa; Sandro Frau; Gianluigi Gessa; Nazareno Pacifico; Silvio Lai; Giovanna Cerina; Chicco Porcu; Paola Lanzi; Paolo Pisu; Marco Meloni; Angela Corrias; Francesca Barracciu