10 luglio 2008

NO alla morte di Eluana!

Alcune riflessioni a caldo su Eluana Englaro: la corte d'appello civile di Milano ha deciso che l'alimentazione artificiale è per una persona con gravissima disabilità, non un diritto, ma un accanimento terapeutico.

I mass media dicono molte inesattezze e vorrei dare un contributo per capire meglio le cose.
Come al solito si dice: staccare la spina. Non c'è nessuna spina da staccare!
Si parla di staccare la spina quando invece non c'è alcun meccanismo artificiale che tiene in vita Eluana, è solo il diritto ad essere idratata e alimentata. Eluana viene ben accudita, esce dalla sua stanza, dorme, si sveglia. Come un neonato o come centinaia e centinaia di nostri figli che sono alimentati nello stesso identico modo. Se non le darai da mangiare e da bere ovviamente morirà.

Siamo da sempre, come genitori vicini al dolore del papà di Eluana, ricordando il giorno nel quale ci siamo incontrati televisivamente io ed Ada, mia moglie, con la presenza di Chiara, mia figlia, da Bruno Vespa nel suo "Porta a Porta". La pensavamo diversamente ma ci sentiamo con una esperienza molto simile. Allora era Terry Schiavo l'argomento. Fatta morire di sete e di fame da un giudice americano.

E ora un tribunale italiano, in dispregio al diritto all'idratazione e alla nutrizione (che non è polmone d'acciaio o altre apparecchiature elettriche) recentemente sancito dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ha deciso che Eluana dovrà morire di sete e di fame. E' incredibile questa soluzione. Che soluzione è questa, far morire di sete e di fame? Si parla di diritto, di modernità, ma di cosa? Come può un essere umano lasciato morire di stenti, come capitò a Terry Schiavo che mori dopo ben 15 giorni? Che segnale si da alle migliaia e migliaia di persone con disabilità che alimentati nello stesso modo lottano per ottenere dalle istituzioni e dalla politica il diritto a vivere ed ad essere ben assistiti?

Sbaglia chi divide il dibattito tra laici e cattolici. La difesa della vita è un valore di tutti, un valore umano. La politica deve dare risposte, non i tribunali. Solo in Sardegna ci sono circa 200 persone con disabilità in una situazione analoga o più grave di quella di Eluana. Dobbiamo occuparci di questi temi ai confini della vita. In Sardegna come in Italia. Le persone con disabilità grave e gravissima chiedono non il diritto di morire ma il sostegno per vivere. Facciamoci carico: mi impegnerò come genitore ma ancor più come rappresentante istituzionale.
Non dobbiamo giudicare la persona, mai, ma... il tribunale sbaglia. Leggere come il tribunale autorizza alla morte Eluana fa venire i brividi: la riporto integralmente. Bisogna opporsi, non al papà di Eluana, ma alla decisione del Tribunale.

Marco Espa
http://marcoespa.blogspot.com/

Le istruzioni per "staccare la spina". Nell'ultima pagina del provvedimento col quale la Corte d'Appello di Milano autorizza la sospensione dell'alimentazione forzata a Eluana Englaro, i giudici scrivono anche una sorta di 'prontuario' al quale attenersi nel momento in cui si "staccherà la spina" che tiene in vita la giovane. Nel paragrafo intitolato "disposizioni accessorie cui attenersi in fase attuativa", i giudici scrivono: "(...) in accordo con il personale medico e paramedico che attualmente assiste o verrà chiamato ad assistere Eluana, occorrerà fare in modo che l'interruzione del trattamento di alimentazione e idratazione artificiale con sondino naso-gastrico, la sospensione dell'erogazione di presidi medici collaterali (antibiotici o antinfiammatori ecc.) o di altre procedure di assistenza strumentale avvengano in hospice o altro luogo di ricovero confacente. (...) Durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l'assistenza, almeno dei suoi più stretti familiari".

1 commento:

Kiarasan ha detto...

Caro Marco,
ho letto con attenzione la tua lettera e pur comprendendo i sentimenti che ti spingono alle tue riflessioni, mi domando dove finisca il rispetto per chi, consapevole del suo vissuto, della sua fede o meno, degli altrettanti sentimenti che albergano nella parte più intima di ciscuno di noi, sceglie dolorosamente un altro percoso....

Quando si parla del diritto delle persone a vivere, spesso si dimentica che vivere non è un dovere, ma un atto di coraggio, amore verso se stessi, di enorme coraggio e quando questo coraggio e questo impeto vitale vengono meno, beh, allora nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare e puntare il dito.....

Trovo giusto il tuo riferimento ai diritti delle persone con handicap gravissimi, ben venga il coraggio e l'amore di milioni di genitori che affrontano la loro vita e quella dei propri figli quotidianamente rivendicando servizi, assistenza, dignità.... ma in questo caso mi pare si parli di tutt'altro.

Questa giovane è da 16 in uno stato di vita artificiale, qualcosa che va ben oltre la cerebrolesione o la disabilità gravissima, vive solo ed esclusivamente grazie alle macchine e non ha prospettive di miglioramento.... io preferisco rispettare il sentimento di un padre che, davanti alla figlia in coma da quasi 20 anni, chiede di porre fine alle sue sofferenze, perchè di sofferenze si tratta o vogliamo illuderci che lei stia bene, sia felice, serena.....

Le persone come il padre di Eluana, come Welby e molti altri chiedono solo di poter scegliere se e come trascorrere gli ultimi anni della loro vita, non impongono niente a nessuno, non si sono mai permessi di giudicare le scelte altrui o la volontà di chi desidera vivere nonostante un handicap gravissimo, attaccato alle macchine, in stato terminale..... non hanno mai giudicato nessuno nè imposto niente a nessuno, solo vorrebbero morire in pace.....

Qui si tratta forse di rispettare in silenzio le scelte di vita altrui, magari senza favorirle se non le si condivide, ma lasciando liberi coloro che la pensano diversamente di esprimere ciò che hanno dentro, il loro sentimento di grandissimo dolore e il legittimo desiderio di morire....

ps. chi scrive è persona con handicap grave, che sa bene cosa significhi la sofferenza, la dipendenza, la fatica di vivere...