Marco
Espa - Presidente dell'A.B.C Sardegna
Associazione
Bambini Cerebrolesi
Famiglia
e disabilità: una vita possibile!
Cagliari
31 ottobre 1 novembre 2003
Eccoci ancora una volta
insieme in questa sala, dopo i congressi del 1996 e quello del 1999 che vi
avevano visti così numerosi: non posso
che esprimere la mia felicità e quella di tutte le famiglie della nostra
associazione per la risposta che avete voluto dare al nostro invito. Vi chiedo
scusa per tutti i disguidi che si sono verificati all’accoglienza ma spero che
tutto si risolva in mattinata.
Ringrazio in particolar modo
gli ospiti stranieri, i congressisti e le numerose famiglie venute dal
continente per partecipare con noi a quest’evento, tutti coloro che provengono
da i comuni più distanti della Sardegna, i nostri relatori, tutti i volontari
che ci aiutano e sono a disposizione per qualunque vostra necessità.
Per chi entra in contatto con
noi per la prima volta voglio sottolineare che l’abc è una associazione di puro
volontariato, un organizzazione di auto aiuto tra famiglie di persone con
disabilità grave e gravissima, diretta dalle famiglie. La nostra scelta è stata
quella di non gestire direttamente servizi, di competenza delle istituzioni,
delle imprese sociali pubbliche e private. Il ruolo che ci siamo scelti è di
auto aiuto, appunto, per la difesa dei diritti civili dei nostri cari e per
contribuire a sviluppare un modello sociale che permetta a tutti di vivere nel
territorio, in qualunque situazione esso sia, con il diritto di ciascuno alla
famiglia e alla vita indipendente, contro ogni forma di istituzionalizzazione.
Quando nel 1990 abbiamo
fondato l’abc eravamo dei ragazzini spesso devastati e sconvolti da un evento
durissimo come la nascita di una figlia o un figlio con lesioni cerebrali. Il
dolore per questa situazione era accompagnato da un clima sociale che ci faceva
capire che eravamo solo dei poveretti, sfortunati, che non potevamo farci
carico di un problema come questo, che dovevamo delegare ad altri il destino
dei nostri figli, che in famiglia la disabilità rendeva la vita impossibile.
Ma è vero questo? Famiglia e
disabilità uguale vita impossibile?
Molti ci hanno invitato ad essere realisti. Se guardiamo le
cose dall’osservatorio del buon senso, della buona vita vista come mancanza di
problemi, dove il modello imperante per far strada è quello dell’apparenza, del
vita mia morte tua, dove chi si ferma è escluso dalla sociètà, la realtà è
proprio questa: vita impossibile, è proprio vero, famiglia con disabilità
uguale vita impossibile. Vita impossibile: oltre a tutto il carico che giorno e
notte devi affrontare in solitudine per i compiti di cura, ti toccherà chiedere
favori, rivolgerti al buon cuore delle persone, non potrai essere un cittadino
come gli altri: hai bisogno di un pizzico di aiuto, in famiglia, senza
rinunciare al tuo ruolo di genitore? Beh, insomma vedremo, ci sono i tagli….
vuoi l’assistente comunale per la comunicazione o hai bisogno di un insegnante
di sostegno? Magari puoi provare a protestare….. ma non chiedermi questo
diritto dal primo giorno di scuola…hai bisogno di assistenza domiciliare
personalizzata? Non ci sono più fondi…vorresti fare una vacanza il più
possibile serena? Non ci sono strutture accessibili… il mio genitore anziano
non è più autosufficiente? Ti propongo un istituto, avrai meno problemi… e poi
quando qualcuno di noi si butta dalle finestre con il proprio familiare perché
dopo aver lottato tutta la vita per non ricoverare il proprio caro in un
istituto ma poi non ce la si fa più, completamente abbandonati e senza servizi,
cosa leggiamo nei giornali di questo fatto? È stato un atto di amore…
Ci si libera così la coscienza
di un dramma che riguarda tutta la comunità, le sue istituzioni, i suoi servizi
cercando di giustificarlo con l’ovvietà della cosa e come se la cosa
riguardasse solo quella famiglia: è disabile, quindi….poveri genitori…..
Nessuno che denuncia la
mancanza di servizi che permettessero pari opportunità a quella famiglia,
nessuno che denunci la discriminazione subita quotidianamente per conquistarsi
il diritto alla cittadinanza, sempre una battaglia dietro l’altra…
Ma per motivi che a noi
risultano ancora molto misteriosi e che devo dire forse dipendono da una certa
barrosaggine insita nel popolo sardo le famiglie non hanno più creduto a questo
presunto destino che ci aspettava.
Abbiamo cercato di provare a sbarrare quelle due prime
lettere della parola impossibile, provare a vedere se era solo un luogo comune
dovuto dalla mancanza di opportunità.
Molti di voi sanno che siamo
molte volte veramente intransigenti, talebani direi, quando un diritto dei
nostri figli viene violato. Non ci sono compromessi e chi sbaglia deve pagare.
Perché l’esperienza di auto aiutarci tra famiglie ci faceva capire che il
dramma nella vita con i nostri cari non risiede in essi. Loro sono la nostra
felicità, i figli prediletti che creano alla fine in noi e negli ambienti che
ci circondano la vita, la solidarietà, la partecipazione. E non possiamo
tollerare la discriminazione.
E questa consapevolezza ha
sicuramente rafforzato in noi un esigenza di impegno sociale, qualcosa
doveva cambiare non solo per noi ma per tutti. Non potevamo solo giocare in
difesa ma potevamo cercare di attaccare. Non potevamo essere, di fronte a
questa vita impossibile come ce la raccontavano spettatori passivi, ma avevamo
maturato nella nostra vita quotidiana una coscienza sociale propositiva e che
quindi fosse arrivato il momento di cercare alleanze, condivisione, lavoro per
gettare ponti tra noi e la società nel suo complesso, portare a vita pubblica
l'esperienza della vita dura e meravigliosa che conduciamo con i nostri figli
perché diventasse un’occasione di crescita, sicuri che centinaia di
professionisti del sociale e dell’educazione sono pronti a collaborare per
costruire percorsi condivisi, coprogettati e che questi professionisti devono
essere da noi famiglie valorizzati e sostenuti, devono diventare classe
dirigente dei propri settori di appartenenza.
Lasciatemelo dire, la
Politica, quella con la P maiuscola assume un ruolo strategico nel permettere
che questo obiettivo sia centrato. Come spero si sia capito, non cerchiamo
parcheggi per i nostri figli, ma vera partecipazione: nessuna decisione per noi
senza di noi.
Per questo l’alleanza con i
vari attori sociali è la protagonista del sostegno alla famiglia: quando si
favorisce la coprogettazione dei piani sociali, quando ci si dà l’opportunità
di lavorare con le istituzioni, quando si discute anche animatamente ma senza
che nessuno si rinchiuda dietro la rigidità del proprio ruolo, vi posso
garantire l’entusiasmo e la gioia delle famiglie per poter far emergere il
progetto di vita del proprio figlio.
Progettare con la famiglia, pur se comporta maggior impegno significa per
gli assistenti sociali di un Comune, per un operatore professionale o per un
Assessore diventare professionisti più competenti e capaci e secondo noi anche
con maggiori soddisfazioni professionali.
Un esempio: Il nostro più importante successo che dimostra tra l’altro
che non è assolutamente vero che le famiglie non si vogliono far carico dei
loro cari ma che vogliono invece essere soggetti attivi nei processi
decisionali è stata l’applicazione della legge 162 in Sardegna. Questo è un
forte esempio di politica sociale realmente a sostegno della famiglia, dove
questa è protagonista attiva e non puro oggetto fruitore di un servizio. In
particolare abbiamo ottenuto il controllo delle modalità di realizzazione di
piani personalizzati, con la possibilità di gestirli in forma indiretta, con
verifica delle prestazioni erogate e della
loro efficacia da parte – e in collaborazione – con l’Ente locale. Il
grande vantaggio è che si conferisce qualità al servizio stesso perché
realmente il servizio viene valutato nella sua qualità dai diretti interessati
(cioè noi) e dagli operatori dei servizi: questo meccanismo si sta rivelando,
come era previsto, un metodo di promozione della qualità del servizio stesso;
il gradimento manifestato da tutte le famiglie che hanno fin ora usufruito del
servizio (testimoniato dalla crescente presentazione delle domande negli anni:
si è passati da 123 nel 2000, a 688 nel 2001 sino ai circa 1650 del 2002 e ben
2600 del 2003!) riguarda non solo i destinatari e le famiglie, ma anche gli
operatori coinvolti che svolgono il loro lavoro in collaborazione con le
famiglie, sperimentano soluzioni nuove, applicazioni creative, mettono in campo
tutta la propria competenza, dell’essere e del saper fare, ottenendo notevole
gratificazione e crescita professionale.
Insomma un trionfo della Politica, promossa da un soggetto debole, ma
che ha alzato la testa: e che pur tra mille difficoltà sta riuscendo a fare in
modo che, con l’alleanza di tutti, quelle prime due lettere di quella parola che vedete nel tabellone non
siano solo sbarrate, ma cancellate per sempre non solo nei discorsi ma con
strumenti sociali concreti che permettano ad una persona con disabilità grave e
alla sua famiglia di preparare un progetto di vita inclusivo e sostenuto. Ed è
per questo che oggi siamo qui, per fare insieme questa battaglia. Perché
aumentando la qualità di vita dei cosiddetti “deboli” si aumenta la qualità di
vita di tutti, di tutta la comunità.
Grazie per essere qui con noi
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