CAPOTERRA Alla
finestra, con speranza e rabbia, in attesa di poter riavere indietro i
fondi scippati da Roma, sottratti dall'ormai famigerato emendamento alla
Legge di stabilità (votata all'unanimità dal Senato e in attesa di
approdare alla Camera) che ha dirottato i fondi destinati alla messa in
sicurezza del bacino idrografico del Rio San Girolamo-Masoni Ollastu
devastato dall'alluvione del 2008 per affrontare la nuova emergenza
esplosa nelle scorse settimane a Olbia e in molti altri centri
dell'Isola. I CENTRI Uno smacco che Capoterra ma anche per Villagrande
Strisaili, Orosei, Padru, Muros, Bosa, Posada, Torpè, Gairo,
Chiaramonti, Sorso, Illorai, Cagliari-Pirri, i centri colpiti dalle
alluvioni del 2004 e del 2008. Un pasticcio ammesso dagli stessi
deputati (dagli esponenti di Sel a Cinque Stelle passando per Forza
Italia e il Pd) che dovrà adesso essere corretto. «Con lo stesso spirito
unitario - dice il consigliere regionale del Pd, Marco Espa - con il
quale i senatori avevano votato. Se non dovesse accadere, sia Letta a
intervenire per bloccare lo scippo».CINQUE ANNI FA Capoterra, dove
l'alluvione, il 22 ottobre di cinque anni fa, distrusse e uccise, non ha
più voglia di attendere e subire. E chiede con forze che nessuno tocchi
le risorse già assegnate. Quelle a disposizione del Commissario
governativo Efisio Orrù, ammontano a 27,9 milioni di euro. Solo in parte
costituite da fondi statali. Nonostante l'accordo di programma del 2010
prevedesse una quota di 36 milioni di euro a carico del ministero
dell'Ambiente e una di 33,9 a carico della Regione, la fonte statale
attualmente ammonta a 14,8 milioni e quella regionale a 13,1. Col voto
dei giorni scorsi sul patto di stabilità, di fatto il Senato ha scelto
di dirottare anche i fondi regionali in mano al commissario. «Intanto
nessun fondo è stato per ora dirottato visto che deve ancora esprimersi
la Camera», avverte l'assessore regionale dei Lavori pubblici, Angela
Nonnis. «Il vero problema è il trasferimento dei fondi da parte del
ministero dell'Ambiente, sono le interpretazioni della Ragioneria
centrale dello Stato secondo cui la spesa poteva essere autorizzata solo
se le risorse fossero state interamente disponibili. Ci sono ancora
norme farraginose che incidono anche nelle emergenze, dove al contrario
bisognerebbe disporre di certezze e celerità. Basti pensare, come nel
caso di Capoterra e del piano di messa in sicurezza, all'assoggettamento
degli interventi alla Valutazione di impatto ambientale, come se si
dovessero costruire grattacieli e non abbattere i rischi per le
popolazioni di un territorio».IL PROGETTO È anche per questo che a
Capoterra il Piano Hydrodata resta ancora al palo. Anche per quel che
concerne il primo lotto dei lavori dalla foce alla statale Sulcitana che
può far affidamento su una copertura finanziaria di 11 milioni. Così a
causa della mancata disponibilità delle risorse statali e dei ritardi
nell'erogazione dei fondi Cipe, la scadenza per l'aggiudicazione dei
lavori è stata prorogata al 31 dicembre e rischia un ulteriore
slittamento.IL RUOLO «Credo, però - dice Marco Espa - che il commissario
governativo avrebbe dovuto agire d'autorità facendo emergere proprio il
suo ruolo, come dire, straordinario. Come avvenuto per L'Aquila. A
Capoterra non si deve intervenire su situazioni irregolari, di abusi
edilizi da sanare o anche sanati. Ci sono migliaia di persone che
convivono ancora con il rischio idrogeologico. E allora non possono
essere le normali regole a governare la messa in sicurezza di un
territorio, ma interventi straordinari fuori dal patto di
stabilità». Unione Sarda Andrea Piras
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