5 aprile 2008

Sanità mentale, il piano della Regione ha segnato una svolta attesa da anni


Da tempo, soprattutto sulla stampa locale, si trascina un acceso dibattito sulle prospettive di cambiamento nell’assistenza ai pazienti con disturbo mentale. Come consiglieri regionali, e prima ancora come cittadini, riteniamo di dover intervenire soprattutto per rassicurare le famiglie dei pazienti e gli operatori che ogni giorno vivono il disagio mentale.
Il Piano sanitario regionale - approvato dopo vent’anni anni di assenza di regole - finalmente consente alla Sardegna di avere una sua programmazione sanitaria. All’interno del Piano, la salute mentale costituisce uno dei cinque ambiti di intervento ritenuti prioritari per i sardi. E’ previsto l’aumento dell’offerta dei servizi ambulatoriali, ospedalieri, domiciliari, con la riqualificazione degli spazi fisici, l’incremento delle fasce orarie di apertura, dei posti letto, dei programmi di intervento personalizzati.
Il Piano prevede, inoltre, come per le altre aree della salute, una particolare attenzione alla umanizzazione delle cure che, in questo caso, passa anche per la riduzione del ricorso ai mezzi di contenzione.
Gli atti successivi della giunta regionale sono stati adottati in applicazione degli obiettivi indicati dal piano sanitario ed hanno già prodotto risultati, quali la ristrutturazione ed apertura del nuovo SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) di Nuoro e la apertura del CSM (Centro di salute mentale) attivo sulle 24 ore di Cagliari. Altre azioni sono in corso e porteranno a breve all’apertura di un SPDC a Olbia, di un CSM sulle 24 ore a Nuoro, di due CSM attivi sulle 24 ore, rispettivamente a Quartu e a Selargius, dello sdoppiamento dell’SPDC di Cagliari. Inoltre, a dicembre 2007 sono state attribuite alle ASL risorse ingenti, da riservare all’acquisizione di personale e all’attivazione di progetti di cura personalizzati.
Dispiace che in tutto questo gli attuali vertici della sezione sarda della Società italiana di psichiatria (SIP) trovino le basi per lanciare alla Regione l’accusa di demonizzazione delle terapie farmacologiche, di disimpegno nei confronti dei disturbi psichiatrici minori e di spreco di risorse per abbellire inutili strutture di ricovero fuori dall’ospedale. Curiosamente, tra l’altro, a fronte di affermazioni così pesanti e perentorie non esibiscono alcun elemento verificabile.
In nessun passaggio del Piano Sanitario e in nessun provvedimento della Giunta sono mai stati espressi giudizi, assunti provvedimenti o intraprese iniziative volte alla disconferma o svalutazione dei trattamenti farmacologici. La Regione non intende entrare nello specifico professionale diagnostico e terapeutico del medico. Tuttavia, anche di recente, l’assessore alla Sanità ha dovuto indire una conferenza stampa a tutela di una corretta informazione della cittadinanza e degli utenti dei servizi, che non si vuole buttino via le medicine in risposta ad iniziative fuorvianti e mistificanti. La programmazione regionale prevede comunque che i servizi debbano fornire, oltre ai farmaci, percorsi di riabilitazione ed inclusione sociali in misura più consistente rispetto al passato.
Anche per quanto riguarda i disturbi psichiatrici minori, nessun atto ufficiale della Regione autorizza i servizi pubblici a concentrare l’intervento sulla schizofrenia e a negare l’assistenza alle altre patologie, gravi o lievi che siano. Certamente, come in ogni struttura pubblica, la priorità deve essere assegnata tenendo conto anche della gravità e urgenza del problema.
Bisogna inoltre precisare che il CSM ventiquattro ore della ASL di Cagliari è stato ricavato in un ambiente dell’ex Ospedale psichiatrico all’interno di un programma di investimenti complessivi per la realizzazione della cosiddetta “Cittadella della salute”, per un importo di circa 17 milioni, comprendente strutture per il dipartimento di prevenzione, per l’assistenza domiciliare integrata e per altre finalità. Il CSM è stato realizzato rifinalizzando la destinazione d’uso di uno degli ambienti. Le modifiche richieste per la nuova destinazione (da ambiente per ambulatori polivalenti a CSM) sono costate circa 195.000 euro.
Quanto alla contenzione, si tratta certamente di un tema dai seri risvolti etici: ma, a differenza di altri temi come l’eutanasia, la procreazione assistita, le cure palliative, etc. - dove il dibattito si arricchisce dell’apporto di associazioni, cittadini, bioeticisti, etc. - nel caso della contenzione l’impressione è che gli psichiatri non gradiscano interferenze. Loro sanno quando e come si agisce contro la volontà del paziente, non mostrano di nutrire dubbi e accettare consigli. Non è bene eccedere in sicurezza su argomenti così sensibili. Non solo gli psichiatri, ma anche gli altri, medici e non medici, sanno che la contenzione, giustificata con la tutela del paziente, produce sofferenza, offende la dignità delle persone e causa conseguenze gravi per la salute e anche per la vita. In tutto il mondo occidentale si è aperto un dibattito sull’uso dei mezzi di restrizione, evidentemente basato su un problema esistente e sentito, non inventato a Trieste. In numerose realtà, nazionali ed internazionali (Inghilterra e Stati Uniti in primo luogo), sono stati attivati programmi per la riduzione o l’ abolizione del ricorso alla contenzione, condivisi anche in ambito accademico: perché venga evitata, o confinata alle situazioni nelle quali è inevitabile e venga condotta secondo protocolli rispettosi della dignità e sicurezza per la salute fisica e psichica delle persone.
Nell’affrontare il problema della contenzione, tuttavia, gli apporti che provengono dalla «società civile» non devono ledere la dignità e moralità degli operatori e dei professionisti della salute mentale, che rimangono punto di riferimento per i pazienti e per le famiglie. Anche ai tempi del superamento degli ospedali psichiatrici nessuno era autorizzato a prendersela con chi ci lavorava. Estremizzazioni e radicalizzazioni portano ad interpretare solo una fetta di «sapere», che non rende ragione della complessità ed articolazione delle problematiche in campo e chiude, anziché aprire, il dialogo ed il riconoscimento delle ragioni dell’altro. Crediamo che la Società italiana di psichiatria debba, come premessa di credibilità, astenersi dalla pratica della mistificazione e del riduzionismo e aprirsi, su temi così sensibili, al dialogo con tutte le associazioni di utenti e familiari interessati al problema.

I consiglieri regionali: Marco Espa; Sandro Frau; Gianluigi Gessa; Nazareno Pacifico; Silvio Lai; Giovanna Cerina; Chicco Porcu; Paola Lanzi; Paolo Pisu; Marco Meloni; Angela Corrias; Francesca Barracciu

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